Milano, 8 giugno 2011 - 15:43

E così nacquero i guidos...

Ci risponde il corrispondente del Wall Street Journal, Stacy Meichtry, che spiega il perché del successo dei supercafoni

di Lisa Baracchi

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Tamarri, supercafoni, truzzi? Loro ne hanno fatto uno stile di vita e quanto siano stati incisivi nel proporsi al grande pubblico lo spiega il pellegrinaggio degli ultimi giorni di tanti turisti davanti alla pizzeria O Vesuvio di via de' Cimatori, che ospita una specie di tirocinio dei protagonisti del Jersey Shore. O gli appostamenti dei teeneger in via de' Vecchietti davanti al palazzo dove abitano in questi giorni Mike, Pauly, Vinny, Ronnie, Deena, Jenni, Sammi e Snooki, gli otto ragazzi della serie più seguita della storia di Mtv che vanta punte di 8,9 milioni di spettatori.

I muscolosi Guidos, con i loro tatuaggi e le grosse collane con crocifissi luccicanti al collo e le sexy Guidettes, minigonne e tacchi vertiginosi e stravaganti occhiali da sole sono un fenomeno televisivo e culturale. Cosa vuol dire esattamente “guidos”? Lo abbiamo chiesto a un corrispondente del Wall Street Journal, Stacy Meichtry: «Prima del successo di questo reality essere un guido non era un complimento, anzi. Difficile definirlo con precisione, ci si riferisce con questo termine più a uno stile di vita eccessivo, spesso anche trash. Sono stati i Jersey Shore a usare questa parola senza vergogna». Racconta Meichtry: «I protagonisti del reality rappresentano i ragazzi italo-americani di seconda e terza generazione, ma di una particolare zona, del Jersey Shore appunto, diversi dagli italoamericani californiani o di altre parti degli Stati Uniti. Per i newyorkesi il loro stile è quello tipico dei ragazzi di periferia, un po' provinciale. Per il pubblico televisivo è come se avessero giocato con la creazione di un'identità italoamericana che prima era molto poco definita».

Se per gli afroamericani o per i messicani i simboli delle proprie origini riflessi nello stile dell'abbigliamento come nelle attività del tempo libero non mancano e se per esempio gli immigrati cinesi appartengono ancora a una prima o seconda generazione e non hanno problemi a definire le loro peculiarità, per le nuove generazioni di italoamericani non c'erano degli stili di vita riconoscibili, identitari, prima dell'arrivo del Jersey Shore. E non solo mancate certo le critiche e le proteste da parte delle associazioni di italoamericani che hanno accusato il reality di diffondere gli stereotipi più beceri, ma il reality ha avuto un così grosso richiamo da aver contribuito a coniare anche espressioni linguistiche, entrate nel vocabolario di uso comune. «La filosofia di vita dei ragazzi del Jersey Shore si riassume nella sigla GTL – spiega Meichtry – che sta per “Gym, tan, laundry”, i fondamenti sono la palestra, l'abbronzatura, la lavanderia, una routine da ripetere ogni giorno. Il modo migliore per apparire sempre ordinati, con la migliore immagine di sé. Probabilmente la sigla esisteva da prima, ma è stato lo show a insegnarla a tutti».

Da una ricerca in rete, nella definizione dell'Urban Dictionary si spiega che è stato l'eloquente Mike "The Situation" Sorrentino a spiegare che “«You gotta GTL everyday to make sure you're looking your best bro. If your shirt looks bad it makes the whole product look bad». E in effetti anche a Firenze difficile non notare le frequenti uscite degli otto “truzzi” in direzione solarium, palestra e lavanderia Manfredi in piazza del Mercato, dove entrano con enormi sacchetti di panni da lavare. «C'è da dire che la lavanderia tipica americana – spiega ancora Meichtry – non è proprio come la Manfredi, in Usa la routine dei Jersey Shore prevede soste davanti alle lavatrici e alle asciugatrici a gettoni».

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