Milano, 10 gennaio 2014 - 17:48

Nick e lo stile classicamente incasinato

Nick Wooster — icona di stile fotografatissima dai blogger di tendenza e star di Instagram con oltre 130 mila follower — anche quest’anno era presente al Pitti

di Laura Antonini

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«Non sono alto, non sono bello e non sono magro!». Nick Wooster — icona di stile fotografatissima dai blogger di tendenza e star di Instagram con oltre 130 mila follower — anche quest’anno era presente al Pitti Uomo, al Padiglione centrale di Pitti, ospite di Lardini. Ciuffo alla pompadour sapientemente ingelatinato, tatuaggi colorati che spuntano fin sotto i polsini abbottonati di una inamidatissima camicia Oxford, pantalone corto e polpaccio (tatuato maori) al vento, con indosso una giacca della maison marchigiana riconoscibile dal fiore in feltro all’occhiello.

«Ho uno stile classicamente incasinato», ci ha detto sorridendo. Ma di confuso questo decano della moda già direttore creativo di giganti del lusso a stelle e strisce (Bergdorf Goodman e Neiman Marcus) e consulente di Calvin Klein e Polo Ralph Lauren ha ben poco quando si parla di prodotto e di mercato. Non a caso frequenta i saloni fiorentini di Pitti Uomo da un quarto di secolo. «Una fiera imperdibile — ha spiegato senza staccare mai un momento le dita dal suo iPhone su cui monitora scatti e commenti di amici di penna virtuale — nuova ad ogni stagione quando coerente. Nel corso di questi venticinque anni ho assistito a non pochi cambiamenti. Il nome e la geografia dei padiglioni è cambiata più volte proprio come gli allestimenti. Il numero dei marchi è cresciuto a beneficio di una selezione che punta sempre di più sullo scouting e collezioni di ricerca internazionali. E poi ci sono gli eventi curati nei dettagli e originali. Un mondo in perenne movimento e tuttavia capace di non distogliere lo sguardo dal prodotto di qualità. Perché che sia esposto al Padiglione centrale dove alloggiano i marchi più classici o tra gli stand di Futuro Maschile e Touch la fiera parla comunque la lingua universale della moda uomo più accreditata».

Conoscendo così bene questi saloni avrà sviluppato delle preferenze in tema di marchi e sezioni?
«Il bello di Pitti è che si può spaziare in libertà dal made in Italy elegante e sofisticato testimoniato da Lardini al marchio giapponese o a quello russo o coreano. Non ho itinerari stabiliti e quando vengo cerco di vedere tutto. Solo così è possibile creare uno stile personale».

Eppure con la sua presenza oggi in Fortezza proprio da Lardini sottolinea un legame con la moda italiana.
«Certamente. Con questa maison ho iniziato un rapporto di collaborazione facendomi ambasciatore del loro bel prodotto in America dove viene esposto nello showroom M5 a New York e presto potremo dare vita ad una capsule collection per i mercati asiatici come il Giappone e la Corea. Mi piace comunque pensare alla moda come ad un fenomeno transnazionale e democratico dove ogni paese ogni marchio ha un posto e un suo perché. Così trovo una scelta sfortunata e stupida quella che ha visto sovrapporre alcune date di Pitti con le sfilate di Londra. E' una pena non dare ad ogni manifestazione il tempo che merita e costringere gli addetti ai lavori che vivono delle suggestioni e degli eventi che ogni kermesse realizza ad una poco produttiva rincorsa di tempi con sacrificio di priorità nel conoscere le novità proposte».

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