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il concerto

Poesia, cinema e magia. In una voce

Beatrice Antolini, ventottenne cantautrice di Macerata, sabato sera è in concerto alla Flog di Firenze (biglietto 8 euro, ingresso ore 22)

Foto Roberto Serra

Foto Roberto Serra

A certi artisti basta la voce: sensuale, profonda, magnetica, capace di comunicare qualunque emozione con il solo suono, che quasi le parole sembrano superflue. Certi altri trasformano il ritmo in una forma di comunicazione poetica, e la poesia in ritmo. Altri ancora mettono in musica versi e immagini poetiche, come al cinema. Beatrice Antolini, ventottenne cantautrice di Macerata, talento cristallino, incarna tutte e tre queste tipologie. Ha appena dato alle stampe il terzo album, fortemente impregnato di magia e spiritualità: “BioY”. E sabato sera è in concerto alla Flog di Firenze (biglietto 8 euro, ingresso ore 22). «Ha il colore dell’oro, il suo sentimento è la forza, ma una forza nobile, quella che possiede un’anima e una morale», così Beatrice Antolini definisce il suo “BioY”: un disco vellutato e di classe, tra l’indie-rock e la psichedelica, echi etnici e sonorità metropolitane. Anima dark, colori cupi. Eppure: «Ho un’anima solare, mi nutro con il sole».

Beatrice Antolini, dalle dieci tracce di ByoY traspare una grande forza “spirituale”…
«Tutto il disco gira intorno alla spiritualità: a partire dal titolo che affronta a suo modo il concetto di “vita” come un continuo movimento circolare, che non per forza finisce con la morte o inizia con la vita. Credo che bisognerebbe dare un valore diverso all’esistenza, e anche la morte, alla fine. Occorrerebbe affrontarla con il senso di bellezza e dignità di una foglia che cade dall’albero. Per poi trovare la tanto sospirata e cercata felicità. Che non è sinonimo di ricchezza o comodità, ma di consapevolezza di se stessi, di dove si è e degli altri. Quando si arriva a capire questo, si riesce anche a non arrabbiarsi più di niente, si è in armonia. Io, ovviamente, ci provo. Ma sono ancora molto lontana».

Sono presenti molti stili e mondi diversi: la canzone d’autore e l’industrial, pop e percussioni quasi “esotiche”, brani più lenti e riflessivi accanto ad altri più rapaci e ritmati. Come possiamo etichettare ByoY?
«È una sintesi, ma non realizzata a tavolino. È venuta così senza pensarci. Quando scrivo un brano, è lui che si fa scrivere. In questo terzo lavoro sempre più velocemente, con immediatezza, e tutto insieme. È venuto da sé. Come fosse un procedimento magico ed esoterico, non c’è niente di intellettuale, niente di “impegnato”. Faccio musica per creare mondi altri e diversi, non mi interessa il realismo, il quotidiano. Un po’ come alcuni registi, come Fellini, che raccontavano e commentavano il reale andando oltre il reale, creando un mondo fantastico».

La copertina “fantascientifica” dell’album è bellissima. E già nel titolo della prima traccia c’è la luna. Quanta fantascienza è celata in questo album?
«Quando ho immaginato questa copertina mi sono immaginata come una motociclista spaziale, con la luna che sembra quasi un casco. Una motociclista un po’ punk fine anni Settanta. E io adoro le moto! Ma ci sono anche significati più profondi: è l’immagine di una luna che si nutre di me, come se mi avesse ingurgitata nella “dark side” con una specie di movimento dorato che mi va a salvare. In questo lavoro si parla molto dell’universo… Si vede che da grande vorrei fare l’astronoma?»

Come sempre ama suonare un po’ di tutto: tastiere, synth, percussioni… Ma qual è la sua dimensione musicale ideale?
«Tutte insieme. Fondamentalmente mi ritrovo nella figura dell’arrangiatrice, non sono certo una virtuosa di nessuno strumento. Ma se devo pensare a quale strumento mi rende più felice, sono le percussioni. Il tamburo mi rende felice, mi riporta alla naturalezza».

Edoardo Semmola
17 dicembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA

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