il film della settimana
La fine è il mio inizio
In sala il film sugli ultimi giorni della vita di Tiziano Terzani, interpretato da Bruno Ganz ed Elio Germano e affidato alla regia di Jo Baier
Regia: Jo Baier; Interpreti: Bruno Ganz, Elio Germano, Erika Pluhar, Andrea Osvart; Sceneggiatura: Folco Terzani, Ulrich Limmer; Fotografia: Judith Kaufmann; Musica: Ludovico Einaudi; Montaggio: Klaus Wehlish; Scenografia: Eckart Fritz; Costumi: Gerhard Gollnhofer; Produzione: Collina Film Production; Distribuzione: Fandango; Germania/Italia, 2010, 98'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Astra 2; Arezzo: Eden; Pisa: Lanteri; Pistoia: Lux; Prato: Eden; Scandicci (FI): Cabiria.
Una mano si avvicina lenta e sicura verso un foglio bianco. Stringe un pennello intinto nel nero. Si muove e disegna pian piano un cerchio. Inizia così La fine è il mio inizio, il film sugli ultimi giorni della vita di Tiziano Terzani, interpretato da due attori di spessore come Bruno Ganz ed Elio Germano e affidato alla regia di Jo Baier. Il film è stato scritto a quattro mani dal produttore tedesco Ulrich Limmer insieme al figlio di Terzani, Folco, il cui omonimo bestseller (pubblicato nel 2006) è servito per la stesura del soggetto e della sceneggiatura: la pellicola è infatti l'adattamento cinematografico del lungo racconto della propria vita che Terzani volle condividere con il figlio pochi giorni prima che morisse, nella tanto amata casa di Orsigna, il piccolo borgo sull'Appennino pistoiese dove sono state effettuate le riprese.
Il film, quasi privo di azione (e perciò tutto incentrato sulla resa pittorica e acustica del paesaggio e sulla recitazione degli attori, in particolare su quella di Bruno Ganz), si struttura come un lungo dialogo tra i due personaggi, in cui a ogni scena corrisponde la narrazione di un periodo della vita del grande giornalista fiorentino: l'infanzia passata a Firenze, gli studi universitari a Pisa, il tenero incontro con la futura moglie Angela Staude, il soggiorno a New York e i primi viaggi in Asia, l'esperienza terribile ed entusiasmante vissuta come reporter di guerra a Saigon, in Vietnam, e il lunghissimo periodo (passato insieme a tutta la famiglia) nel Paese che più lo affascinò, la Cina, senza dimenticare i passaggi nella Russia post-sovietica e in India. Nei lunghi dialoghi a due, ripresi nella splendida natura appenninica (sentieri nei boschi, sommità delle montagne, ampie radure), incombe il peso della malattia e il senso della morte, il vero nucleo drammatico del film, che Terzani vedeva non come una condanna ineluttabile, ma come la normale conclusione della sua vita. E' così che la Natura diventa il luogo più ampio possibile di una sacralità della vita che non si esaurisce nella morte del corpo, ma che continua sotto altre forme. Il simbolo del cerchio, posto all'inizio del film, sta a significare proprio questo: che ogni sofferenza contiene la felicità, che ogni fine presuppone un principio e viceversa.
Marco Luceri
01 aprile 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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