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cinema

Asghar e una separazione

Anteprima di lusso quella di venerdì sera al cinema Portico: alle 20.30 il regista iraniano Asghar Farhadi presenterà al pubblico fiorentino «Una separazione»

Anteprima di lusso quella di venerdì sera al cinema Portico: alle 20.30 il regista iraniano Asghar Farhadi presenterà al pubblico fiorentino Una separazione (nelle sale dal 21 ottobre), il film che ha vinto l'Orso d'Oro all'ultimo Festival di Berlino e ha visto premiati l'intero cast, sia quello femminile che quello maschile – un caso senza precedenti nella storia di un festival cinematografico. Al centro del film la storia di un doloroso, progressivo distacco: Simin vuole lasciare l'Iran con il marito Nader e la figlia Termeh. Nader, però, si rifiuta di lasciare il padre malato di Alzheimer e questa decisione convince la moglie a chiedere il divorzio e a tornare a vivere con i suoi genitori; Termeh sceglie di rimanere con il padre, che decide di assumere una giovane donna, Razieh, per assistere il padre malato; ben presto si scoprirà che la nuova domestica non solo è incinta, ma lavora all'insaputa del marito.

«Il film è nato da un'immagine ben precisa – ci racconta Farhadi – quella di un giovane che fa il bagno a un vecchio padre malato: da qui ho costruito il personaggio di Nader e l'intera storia». Il regista iraniano è molto soddisfatto degli apprezzamenti ricevuti dai suoi attori: «E' il riconoscimento più bello che potessimo avere, anche perché questa volta ho lavorato con loro in maniera diversa: per ottenere un giusto equilibrio dell'insieme non abbiamo fatto le tradizionali prove con il testo e non ho dato loro indicazioni precise. Ho lasciato che si amalgamassero lentamente tra loro, in modo che ogni attore trovasse la giusta dimensione del personaggio anche in rapporto agli altri». Come accade anche nei suoi precedenti film, ogni personaggio sembra avere le sue ragioni, tuttavia sono le donne ad apparire più tenaci e più pronte a lottare per le loro idee, tant'è che è Simin a voler fuggire all'estero, mentre Nader è riluttante: «E' vero, ma non è stata una scelta premeditata – spiga Farhadi – anche se penso che in generale le donne siano più pronte per il cambiamento rispetto agli uomini. Hanno una predisposizione naturale all'ascolto: nel film, ad esempio, il rapporto tra Simin e Razieh, due donne che appartengono a due classi sociali diverse, non si risolve in una separazione, ma in un confronto continuo».

In Iran intanto è sempre più difficile realizzare film in libertà: un grande regista come Jafar Panahi è da più di un anno agli arresti domiciliari, con il divieto assoluto di girare film, mentre proprio in questi giorni l'attrice Marzieh Vafamehr è stata condannata alla prigione e a novanta frustate per aver recitato senza velo in un film “proibito” (My Teheran For Sale). Come può vivere e lavorare un artista in una situazione come questa? «Sono fatti che mi addolorano – dice Farhadi – ma sarebbe gravissimo se tutti noi rinunciassimo a lavorare, tirando i remi in barca, perché è proprio quello che vuole il regime. Invece è proprio ora che bisogna reagire e continuare a raccontare con coraggio la realtà dell'Iran di oggi».

Marco Luceri
13 ottobre 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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