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cinema

Il noir di Manfredi conquista Lione

Un 26enne regista fiorentino approda con il corto «Storia di nessuno» al festival internazionale. E guai a chiamarlo giovanissimo

Se volete farlo arrabbiare, provatelo a chiamarlo «giovanissimo». Manfredi Lucibello, 26enne regista fiorentino, ha le idee chiare sull’argomento. «Ma quale giovanissimo? Ho 26 anni e ho concluso gli studi universitari. Quand’è che alla nostra generazione verrà riconosciuta un po’ di maturità?» L’errore lo ha appena commesso una radio genovese, interessata ad una breve intervista per il suo cortometraggio Storia di nessuno. Un noir politico, come Manfredi stesso lo definisce, che ha attirato da subito l’attenzione generale. Fino al riconoscimento del primo premio al festival internazionale di corti a Lione Courts du Polar. «Una soddisfazione immensa! Per realizzare questi 15 minuti sono stati necessari mesi di duro lavoro, fra il lavoro delle riprese e la post-produzione. Ricevere un premio di questa importanza, in un paese come la Francia da sempre affezionata al genere del noir, ci riempie di orgoglio».

Gli stimoli per fare bene non mancano, anche se le difficoltà talvolta sembrano insormontabili. A cominciare dai finanziamenti: difficili da trovare, soprattutto dopo il taglio al Fondo unico per lo spettacolo deciso da questo governo. «In pratica il finanziamento pubblico è nullo per i giovani registi, anche perché le poche risorse difficilmente finiscono al cinema indipendente. Stress e fatica pazzeschi per pochi riconoscimenti». E per emergere è necessaria un’idea fuori dal comune, capace di colpire e lasciare il segno. Come quella che Manfredi ha avuto nel 2008. «Da sempre volevo raccontare una storia qualunque, di un “signor nessuno” che si ricicla attraverso il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, contribuendo nel proprio piccolo a mantenere inalterati gli equilibri preesistenti. Da qua l’idea di un noir, il genere che più mi piace fin da quando ero più giovane, per poter raccontare questo paese dove tutto sembra cambiare, ma tutto rimane uguale. Il fascino della morte aiuta sempre a costruire un film piacevole».

La macchina da presa diventa così uno strumento per raccontare «una realtà grottesca, che talvolta supera i confini della fantasia. Impersonata da un sicario atipico, non un Humphrey Bogart d’altri tempi, bensì un uomo invisibile. Che, se prima uccideva per passione, adesso tira avanti senza alcun idealismo, con l’unica abilità che gli è rimasta. Quella del killer appunto». Ecco gli ingredienti di Storia di nessuno, cortometraggio premiato lungo tutto lo stivale (dalla Sicilia a Bologna, passando per il «Premio Autori in Toscana» di Firenze), fino al riconoscimento di Lione e alla partecipazione a concorsi di Parigi, Lille e Barcellona. E all’ultima bella sorpresa dell’invito al Vienna Indipendent Shorts, uno dei più importanti contest di corti a livelli europei. Un sogno che diventa realtà, anche grazie all’interessamento ed alla professionalità di Roberto Cimatti, direttore della fotografia in film come L’uomo che verrà di Giorgio Diritti. «Roberto è fatto così: l’ho conosciuto tramite il Master “Officina Cinema” e si è subito calato nella nostra realtà under-30, fatta di passione, ma anche di professionalità”.

Bologna come trampolino di lancio (Manfredi si è laureato recentemente al Dams sotto le due torri), la Liguria come primo palcoscenico («Lerici –dove sono state girate molte scene- si prestava benissimo al noir, per il suo carattere di cittadina in riva al mare ed il suo scenario unico»): Firenze è la grande assente nel suo curriculum. Il vecchio problema del profeta non fortunato in patria. «Molti per lavorare preferiscono andarsene all’esterno. Io assolutamente no, voglio rimanere qua! Pasolini diceva che un artista è una contestazione vivente. Pur non ritenendomi tale, ma volendo comunque appartenere alla grande industria culturale del cinema, questo è il mio posto». I progetti d’altro canto non mancano, a partire da quello di un documentario sul Moby Prince. «Uno dei grandi misteri irrisolti di questo paese che non riesce a scrollarsi di dosso la propria immobilità. Ma di gente volenterosa ce n’è tanta». Forse non più giovanissimi, ma pronti a caricarsi sulle spalle il cambiamento di un paese. Andando nel frattempo a godersi i premi d’Oltralpe.

Andrea Filetti
15 aprile 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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