CINEMA

«Io e l'illusione Crazy Horse»

Il documentario di Frederick Wiseman sul tempio delle notti parigine chiude il Festival dei Popoli

Il laboratorio di un'illusione, dove i corpi nudi e sinuosi di decine di ragazze diventano la partitura per immagini di un quadro astratto: luci, forme, colori e una carica erotica senza uguali. È questo, e molto altro, Crazy Horse, il film che il grande documentarista americano Frederick Wiseman ha realizzato entrando in uno dei templi storici della notte parigina. Aperto nel 1951 da Alain Bernardin, che trasformò un buio scantinato di Avenue George V in un grande teatro dell'eros più raffinato, seguendo la regola che ciò che non può essere toccato deve essere sublime da vedere, il Crazy Horse è forse l'unico locale al mondo in cui le danzatrici si spogliano per rivestirsi di luce, perché la seduzione è prima di tutto negli occhi e nella mente.

Wiseman considera questo suo ultimo film (che il 19 novembre chiuderà il Festival dei Popoli), in cui spettacoli, prove coreografiche, filosofia manageriale e prassi artistica si fondono in una sorta di palcoscenico vivo permanente, un vero e proprio saggio sull'erotismo come effimera magia: «Mi interessava il soggetto legato a questo luogo — racconta Wiseman — ovvero come è possibile creare il fantasma della donna per un pubblico?. Poi il resto è venuto da sé, direi quasi per azzardo, come ho sempre fatto nella mia carriera. Ma ho scoperto che il Crazy Horse è soprattutto un luogo di contraddizioni: la coreografia e le illusioni dello spettacolo sono create per gli uomini, ma la direttrice è una donna (Andrée Deissenberg). Quando lei parla con i giornalisti insiste sul fatto che ci sono anche molte donne tra il pubblico. È vero, ma ciò che mi ha sorpreso nello spettacolo è che tante posture suggeriscono l'amore lesbico. E forse il film tratta proprio delle illusioni dell'eros». Wiseman sembra avere molto a cuore la questione dei pregiudizi sessisti: «Il film gioca sui molti piani dell'eros: personalmente trovo molto più seducenti le ragazze quando fanno le prove e indossano i loro vestiti che quando vanno in scena, tutte con le stesse parrucche, gli stessi costumi, lo stesso trucco. È stato molto bello vedere il lavoro che il coreografo Découflé fa con le ragazze: non le considera come dei semplici corpi, ma come delle collaboratrici artistiche, instaurando così una confidenza intima tra lui e loro».

Crazy Horse sembra rinviare a un altro film di Wiseman,La Danse - L'Opéra de Paris, tanto che i due titoli potrebbero quasi formare un dittico: «Sì, ma le ballerine non sono dello stesso livello. Quasi tutte le ballerine del Crazy Horse sono passate dal Conservatorio, ma non sono del tutto adatte alle grandi compagnie di danza. Sono comunque ragazze desiderose di continuare questa carriera e non avendo alcun problema a mostrarsi più o meno nude, per loro è un buon lavoro. Ho conosciuto delle ragazze intelligenti, interessanti, anche se molti le considerano quasi alla stregua di prostitute. Sono delle artiste, invece, e sono ben protette dal Crazy Horse: hanno un'entrata riservata, portano dei nomi falsi un pò comici e i miliardari sauditi non hanno il diritto di incontrarle». Ai molti appassionati del suo cinema che hanno storto il naso guardando questo sua ultimo film, perché lo ritengono lontano dalla sua sensibilità militante, Wiseman risponde che «la gente che pensa questo ha capito davvero poco della mia ricerca. Trovo invece che Crazy Horse sia uno dei miei film più astratti, nella forma e nelle idee che suggerisce. E lo sa perché? Perché parla di fantasmi».

Marco Luceri
18 novembre 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA