teatro

La Fabbrica di Ascanio

Un excursus sulla figura dell’operaio nell’arco di un secolo, che parte dal 1949 e fa incursioni nelle esperienze del padre e del nonno del protagonista

FOLLONICA - Per 50 anni un uomo scrive una lettera alla madre ogni giorno. Ne salta solo uno e anni dopo decide di scriverle la lettera mancante. Quella del giorno in cui per la prima volta entrò in fabbrica. Inizia così “Fabbrica”, il monologo scritto, diretto e interpretato da Ascanio Celestini, che andrà in scena questa sera al teatro all’aperto Le Ferriere di Follonica (ore 21.30, info presso Circuito Regionale Box Office www.boxol.it).

Un excursus sulla figura dell’operaio nell’arco di un secolo, che parte da quel 16 marzo del 1949 e fa incursioni nelle esperienze del padre e del nonno di Fausto, quando gli operai erano “uomini d’acciaio”, considerati membri di una sorta di aristocrazia per il loro imprescindibile ruolo nella produzione di guerra. Per arrivare all’operaio di oggi, quell’inutile pedina nel meccanismo contemporaneo di una fabbrica “senza operai” se non quelli che non riesce a cacciare via. «L’operaio moderno non esiste in quanto tale - racconta Celestini - Non c’è più alcuna identificazione tra chi lavora in fabbrica e il proprio lavoro. E anche se incontri un impiegato di un call center o di un supermercato, tra le prime cose che ti dirà di sé non ci saranno informazioni sulla sua professione. Nella nostra epoca si è perso questo aspetto identitario del lavoro: ci sentiamo più consumatori che lavoratori». Il tema dello spettacolo, quindi, non è – o almeno non soltanto – l’operaio della fabbrica. «Attraverso le storie di operai racconto l’alienazione dell’individuo», spiega l’attore.

Alessandra Bartali
19 agosto 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA