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il film della settimana

La Venere Nera

La vita e le disavventure della giovane Saartjie Baartman, meglio nota come la “Venere Ottentotta” a causa delle sue particolari caratteristiche fisiche

Regia: Abdellatif Kechiche; Interpreti: Yamina Torrès, Sceneggiatura: Abdellatif Kechiche, Ghalya Laroix; Musiche: Slaheddine Kechiche; Montaggio: Camille Sanson; Costumi: Fabio Perrone; Produzione: MK2 Distribuzione: Lucky Red. Francia, 2011, 159'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Fiorella; Prato: Eden.

Europa, inizio del XIX secolo. La vita e le disavventure della giovane Saartjie Baartman, meglio nota come la «Venere Ottentotta» a causa delle sue particolari caratteristiche fisiche. Appartenente al popolo dei Khosan, i più antichi umani stabilitisi nell'Africa australe, venne portata in Europa con l'inganno e in seguito fu esposta come fenomeno da baraccone in Inghilterra, Olanda e Francia. Oggetto di studi per scienziati e pittori, la giovane donna fu utilizzata anche come oggetto sessuale e morì drammaticamente a Parigi nel 1815.

A quattro anni di distanza dal sorprendente Cous Cous, Kechice torna a parlarci di mondi culturali che si scontrano, ricorrendo stavolta a una vicenda che affonda la sua drammaticità in uno dei periodi più tumultuosi della storia europea. Il film infatti non racconta solamente la triste vicenda di una donna le cui fattezze fisiche scatenano le ossessioni e gli istinti più bassi della natura umana, ma si sforza di dipingere un affresco culturale, in cui viene descritta quella commistione tra scienza, politica e spettacolo che caratterizzerà fortemente l'Ottocento, il secolo «borghese». Kechice va alla radice del concetto di discriminazione: se il secolo dei Lumi aveva gettato le basi politiche del concetto di uguaglianza – per natura - di tutti gli uomini e di tutte le donne, agli scienziati era destinato il compito di trovare quelle differenze biologiche che potessero giustificare, invece, le differenza sociali.

La Venere Ottentotta, in quanto donna e in quanto nera, divenne il simbolo di una presunta ipersessualità, un freak a pronto uso e consumo per ogni forma di partecipata perversione. Senza nulla precludere al desiderio di «vedere» (spesso la cinepresa è in soggettiva) ogni parte anatomica di questo corpo «esotico», Kechice porta avanti con sicurezza quello che è ormai diventato uno stile riconoscibilissimo (macchina a mano, lunghi dialoghi serrati, grande attenzione alla fisicità degli attori, gusto per il décor), al servizio di una nuova musa, la sorprendente attrice debuttante Yamina Torrès. E' anche nella scoperta di nuovi volti che si riconosce la stoffa di un vero autore.

Marco Luceri
20 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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