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il film della settimana

Melancholia

La storia di due sorelle che si amano e si odiano senza mezze misure, sullo sfondo di una catastrofe

Regia: Lars Von Trier; Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland; Sceneggiatura: Lars Von Trier; Fotografia: Manuel Alberto Claro; Montaggio: Molly Marlene Stensgard; Scenografia: Jette Lehmann; Costumi: Manon Rasmussen; Produzione: Zentropa, Memfis Film, Eurimages Arte France Cinéma; Distribuzione: Bim. Danimarca/Francia, 130', 2011

In Toscana è in queste sale: Firenze: Fiorella, Fulgor; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Grande; Lucca: Italia; Prato: Omnia Center; Sesto Fiorentino: Grotta.

Una è Justine (una superlativa Kirsten Dunst) e non riesce a essere felice nemmeno la notte delle sue nozze; l'altra è Claire (la sempre affidabile Charlotte Gainsbourg), che si prende cura di tutto e di tutti, non riuscendo però a cambiare il corso degli eventi. La storia di due sorelle che si amano e si odiano senza mezze misure, sullo sfondo di una catastrofe: un minaccioso pianeta blu chiamato «Melancholia» è entrato nell'orbita terrestre e sta mettendo in serio pericolo la sicurezza della Terra. E' questa la trama del nuovo film di Lars Von Trier, presentato al Festival di Cannes, che segna un decisivo passo in avanti rispetto a quella sorta di horror mistico rappresentato dal precedente «Antichrist». Il maestro danese dimostra con «Melancholia» di essere ancora uno dei registi europei più coraggiosi e sperimentali di oggi.

Dopo un prologo, accompagnato dalla sublime musica di Wagner, costruito grazie al montaggio di una serie di immagini di una bellezza tanto affascinante quanto glaciale – in cui i personaggi vengono rappresentati come ieratiche icone, degne di un apocalittico paesaggio a metà strada tra Dürer e i preraffaelliti – Von Trier ci introduce nel primo episodio del dittico, quello dedicato a Justine. Macchina a mano, primi piani stretti alternati a campi lunghi per raccontare la notte di un gioco al massacro, quella in cui la novella sposa, mossa da un'inquietudine le cui vere cause sono solo accennate, si separa violentemente dal mondo ipocrita che la circonda e “smette di sognare”.

Scene da un matrimonio sul palcoscenico di un misterioso castello che si staglia inquietante tra i boschi e il mare. L'unità di luogo non viene mai meno: nella seconda parte siamo sempre in questa gigantesca villa, ma stavolta a finire sotto la lente è Claire, convinta che la felicità si possa trovare dietro la facciata di una famiglia perfetta: mogliettina attenta e premurosa, marito ricco e intelligente, figlio ben educato e obbediente. E' così che il lento, insensato, imprevisto, terribile avvicinarsi di “Melancholia” arriva a svelare tutta l'incosistenza della vita, il disordine caotico del reale e l'impossibilità di una fuga. Von Trier non rinuncia al suo nichilismo puro, e concentrandolo tutto attorno a questo sparuto gruppo di personaggi, libera le immagini in tutta la loro potenza evocativa, caricando la narrazione di una forza simbolica davvero impressionante. Non si tratta tuttavia di pura “superficie visiva”, ma di sostanza cinematografica, in cui gli artifici retorici (i bruschi movimenti di macchina in puro stile Dogma, i ralenti, le situazioni inconsuete – tra cui lo splendido bagno di luce lunare che prende Justine) trovano sempre un perfetto equilibrio con la costruzione narrativa del film. Sforzo quanto mai apprezzabile se si pensa che alla fine «Melancholia» mette in scena – addirittura - il funerale dell'umanità.

Marco Luceri
21 ottobre 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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