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il film della settimana

Il gigante intrappolato

Ciò che rimane di questo film è proprio il sapore della sfida di un uomo che trasforma i propri limiti fisici in una straordinaria partitura dell'anima

Regia: Michael Radford; Sceneggiatura: Michael Radford; Fotografia: Sophie Maintigneux; Montaggio: Yves Dechamps; Produzione: Les Film d'Ici, Liaison Films, Looks Filmproduktionen, Arte France Cinéma, Partner Media Investment; Distribuzione: PMI. Francia/Germania/Italia, 2011, 90'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Odeon

E poi dicono che le fiabe non esistono. Basterebbe guardare Michael Petrucciani – Body & Soul per capire che invece agli uomini forse è tutto possibile. Di questo biopic (all'Odeon grazie al Festival dei Popoli e a Musicus Concentus) realizzato da Michael Radford (regista de Il postino) e presentato all'ultimo Festival di Cannes, ciò che rimane è proprio il sapore della sfida di un uomo che trasforma i propri limiti fisici in una straordinaria partitura dell'anima. Stiamo parlando non solo di uno dei più grandi pianisti jazz del secondo Novecento, parigino innamorato di New York e dei templi sacri della sua musica (fu il primo europeo a suonare al mitico Blue Note), ma anche di un uomo che fin dalla nascita vide la sua vita correre su binari scoscesi, a causa di una grave malattia ossea (l'osteogenosi imperfetta) che lo torturò per tutta la vita.

Radford ha ricostruito la straordinaria vicenda di questo gigante intrappolato in un metro e poco più d'altezza seguendo la consueta struttura del genere: tantissimi i materiali di repertorio, compresi alcuni stralci di interviste e dichiarazioni dello stesso Petrucciani, e altrettante le testimonianze di amici, donne e musicisti che con lui condivisero un pezzo della loro vita, rimanendone segnati per sempre. Emerge dal documentario la passione sfrenata per la vita (compreso l'uso di droghe) e per la musica (una forma di riscatto, ma anche la possibilità di dare sfogo a una tecnica sublime), il cui mondo fu conquistato dalla sua tenacia e spericolatezza, tanto da permettergli nel giro di pochi anni di suonare al fianco dei pesi massimi del jazz americano, da Charles Lloyd a Dizzy Gillispie, da Jim Hall a Wayne Shorter, da Eddie Gomez a Steve Gadd e molti altri. Se c'è tuttavia un aspetto altrettanto interessante del film è quello che esplora il rapporto tra Petrucciani e il mondo femminile; l'amore materno e quello delle molte donne che il musicista sedusse con il suo fascino e la sua aura di “diverso” (di cui cercò sempre di non rimanere succube) non sono affatto una parte secondaria di questo ritratto, ma ne costituiscono forse il lato più umano, profondo e nascosto, in cui Petrucciani rivela il suo desiderio di “essere normale”, tanto da desiderare anche un figlio, che fu colpito dalla stessa malattia del padre. Il piccolo gigante morì a 36 anni nel 1999, in una gelida notte di dicembre simile ai tanti colorati natali che lui da bambino odiava perché costretto a passarli tra le bianche mura di un ospedale: le fiabe non sempre hanno l'happy end. E' sepolto al Père Lachaise di Parigi, tra altri immortali come Jim Morrison e Fryderyc Chopin.

Marco Luceri
22 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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