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AUDITORIUM FLOG

I Verdena e quella la musica
che va oltre il «mainstream»

Sembrano appartenere ad una dimensione parallela
alla nostra. Non snervano con promozioni estenuanti fatte di comparsate ovunque, ma registrano sold out

I Verdena sembrano appartenere ad una dimensione spazio-temporale parallela alla nostra. Non snervano con promozioni estenuanti fatte di comparsate ovunque, ma registrano sold out. Non fanno un cd ogni sei mesi, ma tornano dopo tre anni – tanti ne sono passati da “Requiem” - e si piazzano al secondo posto in classifica di vendita.

Potrebbero vantare la famosa«nicchia», ma a fare i profeti non ci pensano neanche lontanamente. Il 27 aprile suoneranno all'Auditorium Flog di Firenze, dove arrivano dopo una bella sfilza di tutto esaurito, pronti a proseguire con live dell'estate. Era il 1999 quando il gruppo (Alberto e Luca Ferrari al fianco di Roberta Sammarelli) uscì con il suo primo album omonimo e adesso, il quinto, intitolato «Wow» (Black Out/Universal), ha un pubblico diverso: «E' cresciuto, vedo ancora ragazzini, il che è un bene, visto che saranno i vecchi di domani - dice Albeto, voce e chitarra – c'è sempre un ricambio generazionale».

Segno che forse chi si interessa alla musica va oltre il mainstream: «In effetti non mi spiego come mai, è una dinamica che non capisco. Eravamo abituati bene, ci è sempre venuta a vedere tanta gente, ma quest'anno sono triplicati. I nostri fans ci sono stati fedeli, e magari in questi anni qualcuno si è fatto una cultura su un certo tipo di musica italiana...o chissà, magari gli Afterhours a Sanremo! (Manuel Agnelli, per inciso, ha prodotto il loro secondo album «Solo un grande sasso» ndr)». Un certo tipo di musica nello specifico sarebbe un rock alternativo che però, come dimostra l'ultimo doppio album – 27 brani, un'impresa non facile, ma riuscita - apre a svariate sonorità, dal prog a note più ariose, compresa qualche ballata come «Castelli in Aria» e brani d'impatto come i singoli «Scegli me», «Razzi Arpia Inferno e Fiamme» e «Miglioramento», il cui testo recita «Ora puoi, il fisico ce l'hai, per fare la rivoluzione che aspetto», al quale i più pronti di riflessi hanno subito dato un senso politico.

«Non nasce con quell'intento, quelle parole possono andar bene anche per una persona che cresce, come per la società. Per carità, se ci fosse un ricambio totale, in politica e non solo mi farebbe molto piacere, ma il testo non nasce con quell'obiettivo – racconta Alberto – Tutti i testi che scrivo sono così, mi piace il fatto che ognuno possa riempirli dei significati che crede. Non sono una persona coerente, d'altronde». Una rarità nel panorama musicale, qualcuno che non voglia per forza veicolare un messaggio. «Ripeto, sono un incostante, cambio io stesso idea su quello che vogliono dire le canzoni che scrivo. Nessuna velleità: di intellettuali ce ne sono già troppi in giro». E dire che qualcuno pensa il contrario: «Non ho nessuna intenzione di trovare un senso, come Vasco».

E in questa dichiarazione di libertà dagli intenti e relativi processi, anche l'ispirazione può arrivare da qualsiasi parte: «Scrivo sempre come un flusso di coscienza. Se c'è qualcosa che mi può essere d'aiuto, sono le poesie zen» Parole brevi e semplici, senza l'angoscia della prima linea. Come la vita che il gruppo ha scelto: nella provincia bergamasca, dove hanno da sempre il loro studio di registrazione, Henhouse (pollaio): «E' lo stesso identico del 1991. E' un posto splendido, c'è un fiumetto lì vicino, in questo periodo è una meraviglia». Quando si trova il proprio equilibrio lontano dalle paillettes delle città più grandi, perché cambiare? «Milano? La scelta più brutta che uno possa fare. E' tutto stretto, anche la gente!» scherza. Mentre girano l'Italia in lungo e in largo, chissà che musica ascoltano: «Molti demo che ci vengono dati, l'ultimo degli Strokes, poi qualcosa di Mc Cartney solista».

Diletta Parlangeli
26 aprile 2011(ultima modifica: 28 aprile 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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