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fabbrica europa

Da Firenze al Sahara, in musica

Il titolo del progetto è “Play Black”e il capitolo uno si consumerà venerdì sera alla Leopolda con Bombino e i Dinamitri

All’inizio venne l’Africa all’Anfi: era il luglio 2010, quando la bellezza e la poesia del Festival au Desert del Mali approdano per la prima volta all’Anfiteatro delle Cascine grazie all’impegno di Fabbrica Europa. Poi, lo scorso gennaio, la Fabbrica della contemporaneità di tutte le arti decise di restituire la visita inviando a Timbuctu una delegazione fiorentina (sia tecnica che artistica) alla scoperta della musica sub-sahariana. A Firenze non se ne era accorto nessuno ma stava nascendo un ambizioso progetto a lunga gittata che oggi si regge in piedi sulle tre gambe di Fabbrica Europa, Musicus Concentus e collettivo Switch, allo scopo di riscoprire e presentare le mille musiche del continente nero che in virtù delle grandi migrazioni hanno dato vita a quasi tutta la musica moderna a partire dal blues e dal jazz, fino al rock.

Il titolo di questo progetto è “Play Black” e il capitolo uno si consumerà venerdì sera (ore 21, ingresso 15 euro) alla Leopolda. Per poi proseguire in estate con la seconda edizione fiorentina del Festival au Desert, sempre alle Cascine. E proseguire in prospettiva pluriennale, in un continuo scambio di artisti ed esperienze tra la nostra città e realtà musicale e l’universo di suoni che vibrano al di sotto del Sahara. Un inizio che è già col botto: perché sul palco saliranno Omara Moctar detto “Bombino”, un thuareg proveniente dal Niger, insieme agli italiani Dinamtri Jazz Folklore. Moctar è per l’Africa sub-sahariana quello che è stato Bob Marley per i Caraibi: uno che la rivoluzione la fa ogni giorno con le parole e i suoni, sfidando le pallottole. In Europa lo chiamano il Jimi Hendrix del deserto, perché con quella sua chitarra strapazza in grande stile ogni genere conosciuto creando nuove sonorità. Negli Stati Uniti è stato corteggiato anche dal chitarrista vivente più famoso del mondo, Keith Richards dei Rolling Stones, che con lui ha voluto incidere una canzone. A casa sua invece, in Niger, è semplicemente “Bombino”, che vuol dire “ragazzino”.

La collaborazione con i Dinamitri nasce appunto a Timbuctu lo scorso gennaio: i due gruppo s’incontrano, si piacciono, e in un batter d’occhio sono già sul palco insieme. «Nemmeno mezzora di puro feeling musicale» ricorda Bombino. La sua presenza a Firenze è particolarmente significativa non solo per ragioni artistiche o per la sua esperienza americana con Richards, ma soprattutto per il profondo significato etico, politico e di sofferenza di questo artista che ha visto due membri della sua band uccisi e decapitati in pubblico dal precedente governo solo perché il folk e il rock venivano considerato una forma d’arte demoniaca. «In luoghi che vivono di tensioni, problemi, conflitti di ogni tipo – ha raccontato Moctar – il solo gesto di suonare la chitarra può avere un enorme significato di rinascita e relazione sociale. E se oggi ad Agadez, la mia città , si respira un clima migliore è anche grazie al lavoro delle nostre chitarrre”. Il regista Ron Wyman sta in questi mesi girando un film sulla storia di Bombino. Il titolo sarà “Agadez, la musica e la ribellione».

Edoardo Semmola
26 maggio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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