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IL FILM DELLA SETTIMANA

Vento di Primavera. A Parigi

Inauguriamo oggi la rubrica «il film della settimana»: il nostro critico ha scelto per voi una pellicola, con una recensione. Siete andati a vederlo? Lasciate un commento, un voto, un giudizio

Il film della settimana VENTO DI PRIMAVERA
Regia: Rose Bosch; Interpreti: Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agougé, Hugo Leverdez; Sceneggiatura: Rose Bosch; Fotografia: David Ungaro; Musica: Christian Henson; Montaggio: Yann Malcor; Scenografia: Olivier Raoux; Costumi: Pierre-Jean Larroque; Produzione: Gaumont, Légende Films; Distribuzione: Videa-Cde. Francia, 2011, 125'

In Toscana è in queste sale:
Firenze: Odeon
Campi Bisenzio (FI): Uci Cinemas

Uscito in occasione della Giornata della Memoria (27 gennaio), il film di Rose Bosch affronta una delle pagine più vergognose della storia francese del Novecento: la notte del 16 luglio del 1942, durante l'occupazione nazista di Parigi, circa tredicimila ebrei furono indiscriminatamente prelevati dalle loro case, ammassati nel Velodromo d'Inverno e lì tenuti in ostaggio per cinque giorni senza cibo né acqua e in condizioni igieniche miserevoli, prima di essere tutti deportati nei campi di sterminio. Nessuno dei 4051 bambini catturati riuscì a salvarsi. Nonostante l'aperta ostilità delle autorità d'Oltralpe nel riportare alla luce fatti rimossi dalla memoria collettiva per decenni (il regime collaborazionista di Vichy e la figura del maresciallo Pétain sono ancora oggi un argomento tabù per buona parte dell'opinione pubblica d'Oltralpe), la Bosch è riuscita a portare a termine un film epico e commovente, che funziona in buona parte perché riesce a nascondere la (prevedibile) retorica sotto un intreccio in cui si incrociano le vicende di molti personaggi. Come nella più classica delle fiabe “storiche” ci sono i buoni e i cattivi: da una parte il medico ebreo (Jean Reno), la crocerossina coraggiosa (Mélanie Laurent) e le centinaia di famiglie deportate, dall'altra gli aguzzini di Vichy e i nazisti (non mancano neppure Hitler, Himmler ed Eva Braun). Se lo schema è dunque piuttosto elementare (con tanto di finale eccessivamente lacrimoso), tuttavia la vera forza del film risiede nel ritratto dei bambini (e qui il pensiero va sia ad Arrivederci, ragazzi di Louis Malle, sia a La vita è bella di Roberto Benigni) che oltre a essere vittime, conservano la forza e la lucidità della lotta per la sopravvivenza. Protagonisti involontari di una Storia sfuggita ai loro padri e alle loro madri, gli uomini di domani (come ne L'uomo che verrà di Giorgio Diritti) conservano nel loro sguardo il senso di un'alta sfida morale, quella di doversi riprendere la vita.

Marco Luceri
29 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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