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Il film della settimana

I Malavoglia

È Pasquale Scimeca, ad aver riportato al cinema
la storia della famiglia dei poveri pescatori di Acitrezza

Regia: Pasquale Scimeca; Interpreti: Antonio Ciurca, Giuseppe Firullo, Omar Noto, Elena Ghezzi; Sceneggiatura: Pasquale Scimeca, Nennella Bonaiuto, Tonino Guerra; Fotografia: Duccio Cimatti; Musica: Alfio Antico; Montaggio: Francesca Bracci; Scenografia: Paolo Previti; Costumi: Grazia Colombini; Produzione: Arbash, Cinecittà Luce; Distribuzione: Cinecittà Luce; Italia, 2010, 94'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Flora.

Ecco un classico letterario che non finirà mai di sedurre i cineasti italiani: sarà perché è uno dei ritratti più scottanti della nostra storia (l'aveva capito Luchino Visconti nel 1948, quando diresse il suo capolavoro La terra trema), oppure perché semplicemente è una fonte inesauribile d'ispirazione, insomma I Malavoglia si riaffaccia nuovamente sul grande schermo. È Pasquale Scimeca, regista siciliano impegnato da sempre a raccontare le miserie della sua terra d'origine, ad aver riportato al cinema la celebre storia della famiglia dei poveri pescatori di Acitrezza, riuscendo tuttavia a «riattualizzarla», ambientandola ai giorni nostri.

Fonte letteraria a parte, una sua autonomia stilistica e poetica il film di Scimeca ce l'ha: anche se la sceneggiatura, com'è ovvio, si rifà in gran parte al romanzo, trovano tuttavia spazio nuovi personaggi e nuove situazioni. E' proprio qui il senso del film, ovvero riproporre il mito come fatto tremendamente reale, non relegato al passato, ma tremendamente vivo nel presente; nelle vicende di questa famiglia si affacciano infatti i drammi dell'Italia di oggi: l'immigrazione clandestina, lo sfruttamento degli extracomunitari, la precarietà del lavoro giovanile, le speculazioni bancarie, il traffico di droga, la disgregazione sociale ecc. Scimeca insomma è riuscito nella non semplice operazione di fare un film nuovo pur restando ancorato all'antico.

La conquista del lavoro e della dignità umana da parte degli umili accomuna soprattutto il destino di Alef, clandestino marocchino sbarcato sulle coste siciliane e quello dell'instancabile 'Ntoni, pescatore ventenne e a suo modo già lucido, coraggioso, infaticabile custode della fatica millenaria dei nonni: il ritratto che del nostro Paese viene fuori è però quello di una terra in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e in cui l'ingiustizia sociale continua a mietere vittime nell'indifferenza dei più.

Il film di Scimeca sarebbe tuttavia stato di ben altro spessore se il regista, comunque fedele a una messinscena marcatamente realista, invece di chiudere il racconto con un finale consolatorio, avesse avuto il coraggio di lasciare ai suoi personaggi una maggiore indeterminatezza (il senso del tragico non è forse questo?). Peccato, perché concludere un film del genere con quella la bella scena della cella in cui due disgraziati recitano nello stesso istante il Padre nostro e la preghiera ad Allah sarebbe stato un finale memorabile. E invece...

Marco Luceri
30 aprile 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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