IL FILM DELLA SETTIMANA
Quando la vita diventa cinema
Il consiglio cinematografico per il weekend è «Another Year» di Mike Leigh, che racconta i protagonisti attraverso la vecchiaia e il mistero della morte
ANOTHER YEAR
Regia: Mike Leigh;
Interpreti: Jim Broadbent, Ruth Sheen, Oliver Maltman, Lesley Manville, Peter Wight;
Sceneggiatura: Mike Leigh;
Fotografia: Dick Pope;
Musica: Gary Yershon;
Montaggio: John Gregory;
Scenografia: Simon Beresford;
Costumi: Jacqueline Durran;
Produzione: Thin Man Films;
Distribuzione: Bim. Gran Bretagna, 2010, 129'
In Toscana è in queste sale:
Firenze: Flora Atelier
Grosseto: Nuovo Cinema Stella
Livorno: Kino Dessé
Pisa: Odeon
Prato: Eden
Sono il lento trascorrere del tempo, l'incedere della vecchiaia e il mistero della morte a essere al centro del nuovo film del grande regista inglese Mike Leigh. Tom e Gerri sono una placida coppia di sessantenni londinesi attorniati da un nugolo di personaggi più che mai variegato: c'è il figlio poco espansivo, la sua sorridente fidanzata, il solitario amico di gioventù e soprattutto Mary, una donna volubile, terribilmente naïve e profondamente frustrata dal fatto di non avere una vita “regolare”. Leigh mostra le vicende di queste persone qualsiasi attraverso alcuni squarci di vita quotidiana, in cui condensa tutta l'azione del film: è così che il regista inglese tesse un mosaico di immagini in cui sono soprattutto i dialoghi, le riflessioni, le situazioni emotive a determinare l'azione. Come faceva Eric Rohmer, Leigh sceglie di raccontare non le cose che accadono, ma le pause e gli intervalli che stanno tra le cose e lo fa seguendo il suo stile discreto e penetrante. Il corso imprevedibile dell'esistenza assume così non più il carattere di un racconto astratto, ma mostra con estremo realismo la scorza della vita che scorre via. Straordinario (ma non è per lui una novità) il lavoro che il regista inglese ha fatto con i suoi attori: riprendendoli spesso in primo piano ci fa entrare dentro la loro pelle, il più delle volte ruvida e sfatta, trasportando così lo spettatore nell'intimità segreta dei loro corpi. Sfruttando la scansione temporale delle quattro stagioni con semplici didascalie, Leigh fugge ogni tipo di retorica: le immagini mostrano solo quello che devono far vedere e niente di più, grazie anche a una fotografia che asciuga ogni inutile cromatismo e a pochissimi, calibrati interventi musicali di raccordo. Scriveva Jean Cocteau che «il cinema mostra la morte al lavoro». Guardando Another Year si capisce il perché.
Marco Luceri
04 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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