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IL CONCERTO

Il mio De André. Tutto jazz

Danilo Rea: «Non avrei mai messo le mani sul suo repertorio. Ma quando me lo ha chiesto Dori Ghezzi non ho potuto dire di no»

Era un caldo pomeriggio del 2005, sotto il sole primaverile di Tempio Pausania, cuore della Gallura. In mezzo al prato della tenuta dell’Agnata, dimora della famiglia De André, Dori Ghezzi fa portare un pianoforte. Duemila persone in giardino. Tra gli ospiti c’è Danilo Rea, talentuoso jazzista veneto. È il mister ottantotto tasti storico di Gino Paoli e Mina. Sue le delicate note sulla celebre versione a doppia voce De André-Mina de La canzone di Marinella pubblicata in Mi innamoravo di tutto. Rea si siede al piano immerso nel verde e intona, con lievi e raffinate distorsioni jazzate, Creuza de ma.

Oggi, quell’intuizione si è trasformata in un disco dall’infinito titolo Piano Works X: Danilo Rea at Schloss Elmau — A tribute to Fabrizio De André. E in uno spettacolo per piano solo che il jazzista vicentino proporrà al Teatro Puccini martedì 11 gennaio alle 21. Proprio il giorno in cui ricorreranno i 12 anni dalla morte del cantautore genovese. Un concerto in cui Rea improvvisa sulle melodie del primo De André, quello antecedente alle sonorità americane portate da Massimo Bubola da Rimini in poi e alla fase «world» con Mauro Pagani. «Non avrei mai osato mettere le mani su un repertorio così importante — racconta — ma quando me lo ha chiesto Dori, sua moglie, non potevo dire di no» . Spiega: Sonny Rollins ci insegna che più una melodia è conosciuta, e le canzoni di De André le sanno tutti a memoria, più l’improvvisazione jazz apre la possibilità al pubblico di seguirti emozionalmente. E poi noi jazzisti siamo dei temerari, l’unico modo che conosciamo per andare avanti è improvvisare». Per capirlo basta guardare la sua carriera: Rea ha «trasformato» in chiave jazz le arie di Bellini e Rossini, le canzoni dei Beatles e di Simon e Garfunkel, di Gino Paoli e ora di Fabrizio De André, «ma questa con il rigore e l’approccio quasi da musicista classico: per chi come me è stato adolescente negli anni Settanta, De André era il principale punto di riferimento» .

Nell’album-tributo ci sono tutti «i miei brani del cuore» , Bocca di Rosa e Il Pescatore, La ballata dell’amore cieco e Carlo Martello. Il Girotondo di Tutti morimmo a stento è un vero campo di sperimentazione virtuosistica free-jazz. L’ossessione comune di tutti i cantautori è sempre stato l’essere riconosciuti anche come musicisti. Il più grande di tutti, Bob Dylan, esplose con la rabbia di un predatore contro chi lo definiva «solo» un grande poeta, dicendo: «Se nelle mie canzoni contassero solo le parole, perché mai un grandissimo chitarrista come Duane Eddy si è scomodato a registrare un album strumentale di sole mie cover?» . Ebbene, quello che Duane Eddy è stato per Bob Dylan, Danilo Rea è per De André: la consacrazione della bellezze delle sue melodie, oltre che delle sue parole.

Edoardo Semmola
04 gennaio 2011(ultima modifica: 05 gennaio 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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