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IL FILM DELLA SETTIMANA

Pina 3D

Quando la tecnologia è al servizio del cinema può accadere il miracolo, come avviene in «Pina 3D» di Wim Wenders

Regia: Wim Wenders; Interpreti: Pina Bausch, Regina Advento, Malou Airaudo; Sceneggiatura: Wim Wenders; Musiche: Thom Hanreich; Fotografia: Hélène Louvart; Montaggio: Toni Froschhammer; Scenografia: Peter Pabst; Costumi: Marion Cito; Produzione: Neue Road Movies; Distribuzione: Bim. Germania, 103', 2011

In Toscana è in queste sale:
Firenze: Adriano; Campi Bisenzio: Uci; Pisa: Odeon.

Quando la tecnologia è al servizio del cinema (e non viceversa) può accadere il miracolo, come avviene in «Pina 3D» di Wim Wenders, lo struggente ritratto che il regista tedesco ha dedicato a Pina Bausch, mostro sacro del teatro-danza, scomparsa un paio d'anni fa, prima dell'inizio delle riprese. Progetto nato dalla collaborazione tra la stessa Bausch, Wenders e lo stereografo Alain Derobe, il documentario ripropone in versione 3D alcuni celebri spettacoli della direttrice artistica del «Tanztheater Wuppertal» che a partire dal 1973 ha rivoluzionato il linguaggio della danza e le tecniche del balletto, portando in scena leggendarie coreografie come quelle proposte proprio nel film: da Café Müller a Sacre du printemps, da Vollmond a Kontakthof. Il film ricostruisce il suo magistero grazie a filmati di repertorio e alle testimonianze dei suoi allievi, ma soprattutto attraverso la sostanza visiva delle sue più celebri performances, dove corpo e spazio diventano un'unica materia dello spirito, perfettamente incarnata in un documentario dove musica, danza e immagini realizzano un equilibrio perfetto.

Se ciò è possibile non è solo grazie alla forza di questi elementi, ma anche a un particolare uso del 3D, che qui non serve tanto a spettacolarizzare o a eccitare il gusto estetico dello spettatore, ma a dare una vera “profondità visiva” ai più intimi movimenti dell'anima, quelli dove ogni ballerino/attore deve cercare la tensione drammatica per andare in scena sotto il segno di Pina Bausch. La chiave del film è tutta qui: abbattere la famigerata “quarta parete” che a teatro separa il palcoscenico dalla platea, per poter far vivere allo spettatore la più completa dimensione fisica della danza. E' stata un'operazione coraggiosa per un regista come Wenders, che negli ultimi anni aveva confezionato una serie di film deludenti e che ora invece, esplorando nuovi linguaggi e inediti territori, sembra aver ritrovato l'ispirazione. Tutto sommato è un buon segnale per il cinema intero, a testimonianza del fatto che ormai si sta facendo sempre più avanti l'idea che il 3D possa essere utilizzato anche al di fuori del cinema più spettacolare. Oltre a Wenders, ora anche Martin Scorsese e Bernardo Bertolucci sono stati sedotti dalle possibilità offerte da questa tecnologia. Vedremo nei prossimi mesi se ciò porterà a qualche significativa innovazione o se sarà solo l'ultimo sussulto di qualche grande vecchio che non accetta di andare in pensione.

Marco Luceri
05 novembre 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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