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IL FILM DELLA SETTIMANA

Offside, per capire l'Iran

Arriva finalmente nelle sale italiane Offside, l'ultimo lungometraggio girato da Jafar Panahi, che vinse nel 2006 l'Orso d'Argento al Festival di Berlino

Regia: Jafar Panahi; Interpreti: Sima Mobarak Shahi, Safar Samandar, Shayesteh Irani; Sceneggiatura: Jafar Panahi, Shadmehr Rastin; Fotografia: Mahmoud Kalari; Musica: Korosh Bogozgpour; Montaggio: Jafar Panahi; Scenografia: Iraj Raminfar; Produzione: Jafar Panahi; Distribuzione: Bolero Film; Iran, 2006, 88'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Adriano.

Arriva finalmente nelle sale italiane Offside, l'ultimo lungometraggio girato da Jafar Panahi, che vinse nel 2006 l'Orso d'Argento al Festival di Berlino. Il regista iraniano è diventato uno dei simboli di quella rivoluzione verde che nel 2009 tentò di dare una spallata al regime che continua a soffocare il Paese e per questo sta pagando amaramente: da un anno è agli arresti domiciliari e gli è stato inflitto il divieto di realizzare film per i prossimi vent'anni. Offside, che quindi rappresenta il suo ultimo progetto compiuto, narra la vicenda di Sima, una ragazza appassionata di calcio, che viene arrestata perché vuole assistere alla partita della nazionale, nonostante in Iran sia vietato alle donne recarsi allo stadio. Il trucco del travestimento con abiti maschili non funziona: scoperta dalla polizia, verrà confinata insieme ad altre tifose in un recinto adiacente allo stadio, dove le malcapitate subiranno ingiurie e beffe da parte di guardie totalmente indifferenti al mondo del pallone. Nonostante tutto, però, alla prossima partita, le ostinate tifose tenteranno di nuovo il tutto per tutto pur di ammirare i giocatori della loro squadra del cuore.

Il film di Panahi gioca sul velo dell'ironia, prendendo come spunto narrativo un pezzo di realtà, un piccolo, ma significativo episodio di discriminazione e di intolleranza, per farne un film di denuncia dai toni anche drammatici, non rinunciando però a inserti satirici e paradossali. Offside, nonostante le apparenze, non è un film schematico, con buoni da una parte e cattivi dall'altra, ma una bella metafora (uno stadio assume il valore simbolico di un intero paese) e una riflessione critica sul rispetto delle passioni e della dignità umana: uno sport popolarissimo come il calcio può, con l'euforia che si porta dietro, superare le barriere e le divisioni che attraversano la società iraniana. Una lezione di cinema e di vita.

Marco Luceri
08 aprile 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

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