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middle east now

Beirut Hotel

Le notti della luccicante movida, ma anche le notti della Storia, fatte di guerre fratricide raccontano il Libano in questo film che è stato censurato nel Paese della regista

Quando il poeta libanese Adonis parla di Beirut e dell'amore per una donna scrive di «aver versato la tua notte nella mia». Di notti la capitale libanese è piena. Sono le notti della sua luccicante, frenetica e cosmopolita movida, ma anche le notti della Storia, fatte di guerre fratricide e di secolari, difficili convivenze tra popoli e religioni diverse. Non è un caso che sia proprio una notturna e complicata storia d’amore al centro di Beirut Hotel, il film che venerdì 14 aprile (cinema Odeon, ore 21) sarà presentato dalla regista franco-libanese Danielle Arbid al pubblico del festival Middle East Now.

I protagonisti di questa intensa, seppur brevissima, vicenda sentimentale (il tutto si svolge nell’arco di dieci giorni) sono Zoha, bellissima e affascinante cantante di un locale di Beirut, e Matthieu, avvocato parigino diretto in Siria. Ci sono la passione, l'erotismo, la musica, ma anche gli oscuri traffici di spie internazionali e di servizi segreti interni. Sullo sfondo sempre lei, Beirut, città meticcia che non dorme mai. Presentato in concorso all'ultimo Festival di Locarno, il film mostra, come ci racconta Danielle Arbid, «la paranoia che si prova a vivere in un paese che è come il cratere di un vulcano sempre pronto a esplodere. Si è sempre sull'orlo di un abisso, perché una guerra potrebbe scoppiare da un momento all'altro. Non c'è spazio per la noia: quando la paura diventa un'abitudine, è come una droga, simile all'amore. Nel film ho voluto mettere insieme in una stessa storia le due paure: quella della guerra e quella dell'amore, due sentimenti primitivi che spesso si intrecciano».

In Libano Beirut Hotel è stato censurato con la seguente motivazione: «Potrebbe essere pericoloso per la sicurezza del Paese». La regista non si da' pace quando pensa a questa “sentenza”: «I miei non sono film politici, né militanti. Raccontano la vita del mio paese per quella che è e per come appare ai miei occhi. Trovo davvero incredibile che lo stato libanese non versi un soldo nella produzione cinematografica, ma si sia arrogato il diritto di poterla censurare. Voglio andare in fondo, però, e non escludo di intentare una causa civile contro lo Stato». Tanta determinazione è giustificata dal fatto che anche i precedenti film di Danielle Arbid (come il suo più celebre, Un homme perdu) sono stati censurati, a causa di scene giudicate “troppo erotiche”. «Trovo che il Libano oggi si stia radicalizzando – confessa la regista – E' un paese schizofrenico: è ancora moderno, tollerante, libero, aperto al mondo e certamente non assomiglia a nessun altro degli altri paesi arabi, ma queste conquiste oggi vanno difese più che mai! Anche perché il Libano sta in mezzo a due acerrimi nemici, Siria e Israele, e al suo interno conta ben diciotto diverse comunità religiose, che fanno ogni giorno politica, combattendo in difesa dei loro interessi. Gli avvenimenti della cosiddetta “Primavera araba” stanno avendo forti ripercussioni sul mio Paese. E non credo sia un bene, visti tutti gli interessi che proprio in Libano sono in gioco».

Marco Luceri
13 aprile 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

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