IL FILM DELLA SETTIMANA
Diaz
Un film necessario, perché a più di 10 anni di distanza da quella notte di sangue, la testimonianza di queste immagini serve a non farci dimenticare cosa successe
IL FILM DELLA SETTIMANA
Diaz
Un film necessario, perché a più di 10 anni di distanza da quella notte di sangue, la testimonianza di queste immagini serve a non farci dimenticare cosa successe
Regia: Daniele Vicari; Interpreti: Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Jacopini; Sceneggiatura: Daniele Vicari, Laura Paolucci; Fotografia: Gherardo Gossi; Musiche: Teho Teardo; Montaggio: Benni Atria; Scenografia: Marta Maffucci; Costumi: Roberta Vecchi. Produzione: Fandango, Mandragora Movies, Le Pacte; Distribuzione: Fandango. Italia/Francia/Romania, 2012, 120'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Colonna, Fiamma, Flora, The Space, Uci; Arezzo: Eden, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Chiusi: Clev Village; Empoli: Excelsior; Livorno: The Space; Lucca: Italia; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Pisa: Nuovo; Pistoia: Roma; Prato: Eden; Poggibonsi: Garibaldi; Siena: Nuovo Pendola; Scandicci: Cabiria; Sesto Fiorentino: Grotta; Sinalunga: Uci; Viareggio: Politeama.
All'ultimo Festival di Berlino ha vinto il premio del pubblico. Ora, tra mille prevedibili polemiche arriva nelle sale italiane «Diaz – Non pulire questo sangue», il film di Daniele Vicari che mette in scena alcuni dei tragici fatti accaduti durante il G8 di Genova nel luglio 2001. E' proprio durante la notte del 21 luglio che 300 poliziotti e 70 agenti di un reparto speciale fanno irruzione nella scuola Diaz, dove hanno trovato riparo 93 giovani provenienti da diverse nazioni e impegnati in una protesta pacifica contro il summit. Il violento attacco delle forze dell'ordine sui manifestanti disarmati segnerà una delle pagine più tragiche e tristi della recente storia del nostro paese. Attorno a questo drammatico avvenimento ruotano le vicende dei vari personaggi: Luca, giornalista della Gazzetta di Bologna, arrivato a Genova per constatare di persona le notizie giunte in redazione sugli scontri e sulla morte di Carlo Giuliani; Alma, un'anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri e che, sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco, un organizzatore del Genoa Social Forum, e a Franci, giovane avvocato del Genoa Legal Forum; poi ci sono Nick, manager che si interessa di economia solidale, Anselmo, vecchio militante della Cgil, Etienne e Cecile, due anarchici francesi, e infine Max, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, che comanda il VII nucleo e non vede l'ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Tutti loro, insieme a centinaia di altre persone, saranno protagonisti o testimoni dell'agghiacciante massacro, della «macelleria messicana» avvenuta in quella una calda notte d'estate. Vicari ha realizzato il film rifiutando di far calare su quella tragica vicenda l'alone del complotto internazionale o interno, ma cercando di mostrare ciò che successe con uno stile che non lascia spazio a pause ed esitazioni.
«Diaz» ha il ritmo sostenuto dell'action movie, con i veloci cambiamenti dei punti di vista, il montaggio discontinuo, la narrazione frammentata, il tutto filtrato da uno sguardo diretto davvero potente (Vicari viene dal documentario). Poi, quando avviene l'irruzione della polizia nella scuola, la pellicola si trasforma in un film dell'orrore e non tanto per il sangue che si vede e per il terrore che si percepisce dai volti di chi quella disumana violenza la subisce, ma perché tutto avviene inspiegabilmente. Il “mostro” sembra non avere forma, né alibi, né scopi, arriva senza preavviso e se ne va portandosi dietro tutta la sua forza distruttiva. E' la terribile mancanza di senso di ciò che accade a colpire di più l'immaginazione dello spettatore e a lasciarlo sgomento. Certamente «Diaz», alla fine, con le sue scarne didascalie, ci lascia con molti interrogativi, il primo dei quali riguarda le responsabilità politiche di quello che successe. Ciò tuttavia non scalfisce il valore del film, perché il cinema serve proprio a questo e cioè a porci dei dubbi e a rafforzare il nostro legittimo desiderio di verità. E' per questo che quello di Vicari è un film necessario, perché a più di dieci anni di distanza da quella notte di sangue, la testimonianza di queste immagini serva a non farci dimenticare cosa successe. E, magari, a unire, nel nome di una possibile memoria condivisa, tutto il Paese. Perché quando è in gioco il valore della democrazia non si tratta né di destra, né di sinistra, né di buoni, né di cattivi. Ma di essere cittadini liberi.
13 aprile 2012 (modifica il 16 aprile 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA
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