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il film della settimana

Albert Nobbs

Va in scena sul palcoscenico di un lussuoso albergo della Dublino di fine Ottocento la storia di una donna senza famiglia costretta a travestirsi da uomo

Regia: Rodrigo García; Interpreti: Glenn Close, Mia Wasikowska, Aaron Johson, Brendan Gleeson; Sceneggiatura: Gabriella Prekop, John Banville, Glenn Close; Fotografia: Michael McDonough; Musica: Bryan Byrne; Montaggio: Steven Wesiberg; Scenografia: Patrizia von Brandenstein; Costumi: Pierre-Yves Gayraud; Produzione: Chrysalis Films, Mockingbird Pictures, Parallel Film Production; Distribuzione: Videa Cde. Gran Bretagna/Irlanda, 2011, 113'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Colonna, Fiamma, Spazio Uno; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Quattro Mori; Prato: Terminale; Scandicci: Cabiria; Siena: Nuovo Pendola.

Quando un attore riesce, dopo trent'anni, a realizzare un sogno difficilmente può permettersi di sbagliare. Forse proprio perché sente così “suo” un personaggio da non potersene più liberare. Una drammatica e misera vicenda di travestimenti, di menzogne, di vite vissute sotto mentite spoglie quella di «Albert Nobbs», portato con successo da Glenn Close sui palcoscenici della Broadway più off già nel lontano 1982 e mai più mollato. Una vera ossessione per l'attrice americana questo racconto firmato da George Moore, «Morrison's Hotel, Dublino», ma alla fine ce l'ha fatta a portarlo sul grande schermo, impegnandosi nella triplice veste di produttrice, sceneggiatrice e attrice, e trovando nel regista Rodrigo García un discreto e affidabile complice. Va in scena sul palcoscenico di un lussuoso albergo della Dublino di fine Ottocento la storia di una donna senza famiglia costretta a travestirsi da uomo, per essere assunta come cameriere, e poter così lavorare non solo per sopravvivere, ma anche per mettere da parte qualche risparmio e sognare una vita migliore (un matrimonio, una piccola attività, una pensione in riva al mare).

Il film mette dunque in scena il problema dell'identità sessuale, che si intreccia e si scontra inevitabilmente con la morale bigotta e conservatrice dei tempi, ma anche con una società classista e profondamente ingiusta. Eppure «Albert Nobbs» è anche una straordinaria storia sulla forza delle donne, sul loro coraggio, la loro determinazione, la loro innata sete di speranza nel dare e nel ricevere la vita. In più il film riesce a non essere mai eccessivamente retorico (finale a parte). Anche se c'è il “classico” melodramma di mezzo (la ragazza di cui si innamora Albert ha una storia con un giovane violento e inconcludente), non privo di colpi di scena, il ritmo del racconto non ne risente più di tanto, grazie a una coerenza narrativa che trova nel personaggio di Albert il suo costante epicentro. Il regista è stato bravo nel mettersi a completa disposizione della sua attrice protagonista, senza rincorrere futili velleità autoriali. Così ha permesso a Glenn Close di farsi “autrice” del film, concentrando sulla sua recitazione l'intera tensione emotiva della storia. L'attrice ha reso magistralmente l'intima ambiguità di Albert sciogliendo pian piano la sua iniziale e impenetrabile rigidità in un coacervo di sentimenti contrastanti. Del resto, non è forse proprio questo il lavoro dell'attore? Usare il proprio corpo e la propria voce per nascondersi dietro un altro e far vedere l'invisibile.

Marco Luceri
13 febbraio 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

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