film della settimana
La parte degli angeli
Brian, ragazzo semplice, disoccupato come milioni di persone della sua generazione, in cerca di una vita degna
Regia: Ken Loach; Interpreti: Paul Brannigan, Siobhan Reilly, John Henshaw, Gary Maitland; Sceneggiatura: Paul Laverty; Fotografia: Robbie Ryan; Musiche: George Fenton; Montaggio: Jonathan Morris; Scenografia: Fergus Clegg; Costumi: Carole K. Fraser. Produzione: Sixteen Films, Why Not Productions, Wild Bunch; Distribuzione: Bim. Gran Bretagan/Francia/Belgio/Italia, 2012, 101'
In Toscana è in queste sale: Firenze: Flora, Odeon; Pisa: Arno.
Dall'alto dei suoi settantasei anni Ken Loach ha ancora voglia di osare, lui che è il regista più militante e arrabbiato del cinema britannico, lui che solidarizza con i lavoratori a chiamata del serissimo Festival di Torino e non va a ritirare il premio che gli era stato assegnato (una bella lezione per tanta sinistra di governo, sottogoverno e sottosottogoverno, nonché una strabiliante prova di autodivismo), lui, insomma, a cui i cinefili più engagés chiedono ogni volta il film operaio, stavolta si fa beffe delle attese. E, complice l'odiato mercato, ci ritroviamo il suo nuovo film, «La parte degli angeli», a sparigliare l'equilibrio delle uscite natalizie.
Già, perché trattasi di commedia, lontanissima però da quelle nostrane pensate apposta per distrarci durante le feste (da «Colpi di fulmine», il nuovo cinepanettone con Christian De Sica, all'insopportabile e vacuo «Tutto tutto niente niente» di Antonio Albanese). Qui al centro della storia c'è un personaggio che più vero non si può: Brian, ragazzo semplice, disoccupato come milioni di persone della sua generazione, in cerca di una vita degna. E' stato condannato, ma visto che è appena diventato padre, la legge di Sua Maestà gli permette di scontare la pena dedicandosi ai lavori socialmente utili, sotto l'occhio complice e sornione di Harry, che pensa bene di portare lui e tre altri (due uomini e una ragazza) ad assaggiare preziosi whisky di malto. Succede che l'olfatto di Brian si rivela portentoso, tanto da poter metter su il tentativo di partecipare a un'asta dove sarà battuto un rarissimo whisky dal valore di un milione di sterline.
E' a questo punto che la commedia si tinge di giallo e che questa scalcagnata compagnia sogna di fare il colpaccio. Impossibile raccontare come va a finire, ma ciò che resta di questo film è ancora una volta la sensazione che Loach (insieme al suo fidato sceneggiatore Paul Laverty) non abbia abdicato all'idea di un possibile riscatto sociale e politico, in cui la creatività del singolo è bella come un fiore che sboccia, ma solo se il fusto (la solidarietà collettiva) è forte. Se «La parte degli angeli» funziona evitando di essere il solito stucchevole apologo buonista, è proprio perchè è cattivo: nelle battute (che sono di una trivialità liberatoria), nell'ambiente (una Glascow industriale e grigia), nei personaggi (un cast azzeccatissimo fatto di volti quotidiani, belli e consumati), nella messinscena (che predilige le situazioni paradossali e, nella seconda parte, l'azione). Il disagio sociale e generazionale che affligge la Gran Bretagna di Cameron e più in generale l'Europa di oggi non aspetta che di essere raccontato. E non necessariamente sulle (false) barricate.
14 dicembre 2012 (modifica il 16 dicembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA