l'incontro
Cinesi-prateci a teatro: «Razzisti». «Finte vittime»
La messinscena di «teatro-verità» ha cercato di affrontare problemi reali a fronte di uno scenario ipotetico:l’esodo improvviso e compatto della comunità cinese dalla città
PRATO — Il gioco di finzione sfocia in un vero scontro. Cinesi contro pratesi (e viceversa). «Razzisti» contro «finte vittime» sono le accuse reciproche. Parole come pugnali, nell’aria tesa dello spazio Compost, il capannone artistico che domenica ha dato una cornice teatrale al conflitto, con la conduzione di Cristina Pezzoli e Shi Yang Shi. Il primo di sempre consumatosi in maniera diretta, come fanno notare diversi osservatori. Gli odori, i rumori, la riqualificazione di Chinatown, la sicurezza, gli affari, la violenza, l’invidia sociale e quella economica.
La messinscena di «teatro-verità» ha cercato di affrontare problemi reali a fronte di uno scenario ipotetico: l’esodo improvviso e compatto della comunità cinese dalla città. A interpretare i ruoli di trattativa c’erano veri orientali che abitano Prato, veri politici, veri imprenditori di entrambe le etnie. E veri ragazzi di seconda generazione, inaspettatamente tra i più duri nelle loro rivendicazioni. Sono stati loro a dar fuoco alle polveri della difficile convivenza. I cinque gruppi sono rimasti su posizioni attendiste per qualche minuto. Poi, dallo sfogo di una giovane cinese, è nato il parapiglia: «Nessuno si occupa della nostra sicurezza, da mesi abbiamo paura di uscire di casa», ha detto riferendosi alle rapine compiute quotidianamente per strada. È stato il là per un crescendo, inarrestabile, di interventi feroci.
Alla domanda di sicurezza, si è aggiunta la statistica citata da un imprenditore cinese: «Almeno dieci di noi vengono rapinati ogni giorno». Il dato non è però confermato dalle denunce, circa una al giorno. La battaglia si è inasprita quando l’imprenditore Matteo Ye ha parla di «cattivo bilanciamento» delle forze dell’ordine sul territorio. In molti, fra gli orientali, hanno sentenziato: «Basta blitz nei capannoni, e più poliziotti per strada». Una richiesta che ha fatto sobbalzare i rappresentanti delle istituzioni locali: il presidente della Provincia Lamberto Gestri (Pd) e l’assessore comunale all’Integrazione Giorgio Silli (Pdl), fra i più moderati ed equilibrati delle rispettive coalizioni. I due politici hanno alzato la voce, hanno cercato di difendere il principio di legalità, chiesto ai «nemici» (come la conduttrice del gioco li ha chiamati per motivi di scena) di non cedere al «vittimismo». Alla fine, il conflitto non è stato sanato: si è capito che le condizioni poste (nella finzione teatrale) dai cinesi per restare in città non sarebbero accolte facilmente dai cittadini e dai politici pratesi, nonostante l’esodo della comunità «sarebbe il disastro economico — spiega Gestri — per la città». Cinesi e pratesi se lo sono confessato senza perifrasi: non si vogliono, non così. Ma — emerge chiaramente — hanno bisogno l’uno dell’altro. Forse anche questa è una via per l’integrazione, la più stretta.
18 dicembre 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA