il film della settimana

Il matrimonio che vorrei

Può l'amore resistere senza più il fuoco che arde?

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Il matrimonio che vorrei

Può l'amore resistere senza più il fuoco che arde?

Regia: David Frankel; Interpreti: Meryl Streep, Tommy Lee Jones, Steve Carell, Jean Smart; Sceneggiatura: Vanessa Taylor; Fotografia: Florian Ballhaus; Musiche: Theodore Shapiro; Montaggio: Matt Maddox, Steven Weisberg; Scenografia: Stuart Wurtzel; Costumi: Ann Roth. Produzione: Management 360, Escape Artists, Mandate Pictures; Distribuzione: Bim. USA, 2012, 110'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Astra 2, Fiorella, Odeon, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Empoli: Excelsior; Livorno: Kino Dessé; Pisa: Odeon; Pistoia: Lux; Prato: Eden, Omnia Center, Terminale.

L'amore è anche una questione d'età. Tant'è che lo scaltro regista americano David Frankel (nome in ascesa nella Hollywood più glamour, il suo precedente «Il diavolo veste Prada» è stato un successo) ha evitato di avventurarsi in territori già ampiamente frequentati (gli amori tra liceali immaturi e spericolati, quelli tra giovani in crisi, sfigati o rampanti che siano, quelli adulterini di mezz'età) per andare a vedere cosa succede a una coppia di sessantenni della middle class, con trent'anni di matrimonio alle spalle e dalla vita apparentemente irreprensibile. Lui è Arnold (uno straordinario Tommy Lee Jones), lei è Kay (la sospirante Meryl Streep), dormono in due stanze separate, ogni mattina lui esce lindo per andare al lavoro, lei gli prepara la colazione (pancetta, uova e caffé), poi un rapido saluto e via, fino alla sera, quando i due consumano la cena, prima che lei rigoverni e lui si addormenti in poltrona davanti a una partita di golf. Tutti i santi giorni la stessa cosa. A un certo punto Kay non ne può più di questa vita da incubo e decide di salvare il possibile prima di affondare definitivamente, costringendo così il marito ad andare nel Maine per una settimana, dal dottor Feld, un famoso consulente matrimoniale specializzato nella terapia di coppia intensiva. E' a questo punto che il film inizia a trasformarsi da semplice commedia sulla vita di una coppia che nei fatti non esiste più a spietata disamina dei rapporti personali.

Posti in un luogo isolato da cui è impossibile fuggire (la piccola cittadina sul mare dove tutti conoscono tutti) e messi di fronte alla loro apatia sentimentale da uno spietato investigatore dell'anima (la faccia da scemo di Steve Carell è una bella scelta di demifisticazione), Kay e Arnold sono spinti in colloqui imbarazzanti e costretti così a guardare in faccia la propria vulnerabilità prima di tornare a scrutarsi negli occhi. Ne viene fuori il ritratto di un uomo e di una donna che hanno perso ogni capacità di comprensione e di affetto verso l'altro, che non hanno più nulla in comune perché non pensano e non vivono più come se fossero una cosa sola, ma come due sconosciuti costretti dalla vita a dividere uno spazio comune. Se la questione del sesso è centrale per la dinamica del racconto (per i due anche un abbraccio o un semplice bacio possono essere un problema ormai), soprattutto nelle scene più esilaranti, il vero valore del film viene fuori dai passaggi più drammatici, in cui Kay e Arnold sono spinti a farsi delle nuove promesse. Sta qui probabilmente il senso del film (al di là dell'happy end, la scena di chiusura è emblematica), quello della necessità di ricominciare tutto daccapo in nome della sincerità e della capacità di non nascondersi più dietro il proprio egoismo. Perché se c'è un sentimento che non bisogna mai dare per scontato è proprio l'amore.

Marco Luceri19 ottobre 2012 (modifica il 21 ottobre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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