il film della settimana

Il primo uomo

Nelle sale il film che Gianni Amelio ha tratto dal romanzo omonimo di Albert Camus, quello forse più “maledetto” del grande filosofo, scrittore e drammaturgo francese

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Il primo uomo

Nelle sale il film che Gianni Amelio ha tratto dal romanzo omonimo di Albert Camus, quello forse più “maledetto” del grande filosofo, scrittore e drammaturgo francese

Regia: Gianni Amelio; Interpreti: Jacques Gamblin, Maya Sansa, Catherine Sola, Denis Podalydès; Sceneggiatura: Gianni Amelio; Fotografia: Yves Cape; Musiche: Franco Piersanti; Montaggio: Carlo Simeoni; Scenografia: Arnaud de Moléron; Costumi: Patricia Colin; Produzione: Cattleya, Maison de Cinéma, France 3, Rai Cinema, Canal +; Distribuzione: 01 Distribution. Italia/Francia/Algeria, 2011, 98'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Flora; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Grande; Pisa: Arsenale; Pistoia: Roma; Prato: Eden.

Tra i film più attesi dell'anno, arriva nella sale italiane «Il primo uomo», il film che Gianni Amelio ha tratto dal romanzo omonimo di Albert Camus, quello forse più “maledetto” del grande filosofo, scrittore e drammaturgo francese. Doveva essere il racconto intimo della propria vita, ma dopo la tragica morte del suo autore (avvenuta a causa di un incidente d'auto nel gennaio 1960), ancora in forma di manoscritto, ne diventò una sorta di testamento spirituale. Venne pubblicato, dopo molte polemiche, solo nel 1994, grazie all'impegno della figlia Catherine e dell'editore Gallimard (in Italia è edito da Bompiani). Il romanzo era stato scritto in un momento molto particolare della vita di Camus, nel tentativo di superare lo sconforto procuratogli dalle violente polemiche suscitate da «L'uomo in rivolta» (1951) e dalla definitiva rottura con Jean-Paul Sartre.

Preceduto dal breve romanzo «La caduta» (1956), che ne costituisce quasi una premessa, «Il primo uomo» racconta le vicende del suo alter-ego Jacques Cormery, che ritorna in Algeria, il paese dove è nato e cresciuto, dopo aver visitato la tomba del padre, morto in Francia durante la Grande Guerra quando egli era ancora molto piccolo. Qui ritrova la madre e rivive le esperienza della propria fanciullezza, passata in una famiglia poverissima retta da una nonna dura e dispotica, ripercorrendo così tutte quelle difficili scelte che lo hanno trasformato in un uomo. L'adattamento fatto da Amelio trova la sua chiave nel dichiarato autobiografismo che pervade tutto il film e quindi nell'ideale parallelismo tra la storia raccontata da Camus e le vicende che hanno segnato la vita dello stesso regista, soprattutto quella “ricerca del padre” che dà il titolo proprio alla prima parte del romanzo. Il personaggio diventa così uno e trino e il percorso di Cormery-Camus-Amelio diventa quello compiuto da uno straniero senza patria, da un uomo che, privato del proprio passato e della propria storia, è necessariamente costretto a guardare dentro se stesso, per potersi ritrovare.

Nel film, come del resto nel romanzo, questa ricerca esistenziale legata al valore della memoria non si ferma alla sfera privata, ma si allarga alla Storia (i diversi piani temporali del film fanno riferimento alle travagliate vicende dell'Algeria tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta, dalla colonizzazione francese alla guerra per l'indipendenza) e, come spesso accade nel cinema di Amelio, i due percorsi narrativi si fondono fino a diventare indistinguibili. A ciò contribuisce uno stile in cui è riconoscibile la grande abilità del regista calabrese di costruire delle immagini forti ed immediate, la cui potenza evocativa è trasmessa soprattutto dai volti (splendidi quelli di Jacques Gamblin e di Maya Sansa) e dai paesaggi (solari e malinconici come in un acquarello africano di August Macke), frutto di una capacità figurativa unica nel cinema italiano di oggi.

Marco Luceri20 aprile 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

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