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il film della settimana

E ora dove andiamo?

Presentato al Festival di Cannes e applauditissimo al Festival di Toronto, il nuovo film della regista e attrice Nadine Labaki è ambientato in un villaggio libanese

Regia: Nadine Labaki; Interpreti: Nadine Labaki, Claude Baz Moussawbaa, Layla Hakim, Yvonne Maalouf; Sceneggiatura: Nadine Labaki, Jihad Hojeily; Fotografia: Christophe Offenstein; Musica: Khaled Mouzanar; Montaggio: Véronique Lange; Scenografia: Cynthia Zahar; Costumi: Caroline Labaki; Produzione: Les Films Des Tournelles, Pathé, France 2 Cinéma; Distribuzione: Bim. Francia/Libano/Italia/Egitto, 2011, 100'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Colonna; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Grande; Pisa: Lanteri; Prato: Eden.

Presentato al Festival di Cannes (nella sezione «Un Certain Regard») e applauditissimo al Festival di Toronto, il nuovo film della regista e attrice Nadine Labaki è ambientato in un villaggio libanese di oggi, dove gli uomini delle due comunità religiose, quella cristiana e quella musulmana, sono sempre sull'orlo di un conflitto. Si guardano con sospetto, spesso si insultano e cercano di venire a contatto tra loro il meno possibile. Saranno però la saggezza, l'intraprendenza, la fantasia e la solidarietà delle donne a preservare il più possibile la pace all'interno della comunità, impedendo a mariti e figli di spargere altro sangue.

L'idea di partenza del film non è certo originale, appare anzi come l'ennesima variazione su un tema (il pacifismo femminile contro la bellicosità maschile) già ampiamento messo in scena e che affonda le sue radici nel teatro greco classico (la «Lisistrata» di Aristofane), ma la scelta della regista di modellare il film seguendo diversi generi permette a «E ora dove andiamo?» di trasformarsi in una favola allegorica capace di far ridere e riflettere con la medesima intensità. Parrebbe strano, ma l'estremo realismo (degli ambienti, dei volti, delle scenografie, dei costumi) di cui è pervaso il film, non viene mai meno, e non solo nelle scene più drammatiche, come quella – dal forte impatto visivo - che apre il film (un corteo funebre “tutto al femminile”), ma anche in tutte le altre, quando cioè l'asse narrativo subisce delle brusche sterzate verso la commedia, il melodramma e il musical.

Labaki “prende il meglio” da questi diversi generi: dalla commedia le situazioni più esilaranti e grottesche (la visione collettiva dell'unica televisione del villaggio, l'arrivo di un gruppo di belle ragazze dell'Est Europa, il “miracolo” della madonna), dal melodramma la storia d'amore tra la bella vedova Amale (interpretata dalla stessa Labaki) e l'affascinante muratore musulmano Rahid, dal musical i dialoghi cantati, che rompono la verosimiglianza della narrazione, ma permettono al film di non scadere in un moralistico e pedante deja vù. E' proprio grazie a queste precise – e talvolta rischiose – scelte stilistiche che «E ora dove andiamo?» può permettersi di rappresentare una parabola forte e credibile nel messaggio che vuole lanciare contro ogni tipo di integralismo e a favore di una convinvenza pacifica tra culture e religioni diverse. Il finale del film, che richiama lo spettatore a una forte assunzione di responsabilità, è la chiosa perfetta per un percorso del genere: invece di trasformare i pregiudizi in violenza, impariamo a farli diventare occasioni di dialogo. E staremo meglio tutti.

Marco Luceri
20 gennaio 2012(ultima modifica: 23 gennaio 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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