il film della settimana

I giorni della vendemmia

Un film indipendente che ha fatto parecchio discutere in questi ultimi mesi (forse anche troppo)

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I giorni della vendemmia

Un film indipendente che ha fatto parecchio discutere in questi ultimi mesi (forse anche troppo)

Regia: Marco Righi; Interpreti: Lavinia Longhi, Marco D'Agostin, Gian Marco Tavani; Sceneggiatura: Marco Righi; Fotografia: Alessio Valori; Musiche: Roberto Rabitti; Montaggio: Marco Righi, Arianna Bardizza; Scenografia: Giorgia Mandriani; Costumi: Giorgia Mandriani; Produzione: Ierà; Distribuzione: Ierà. Italia, 2010, 80'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Portico.

E' arrivato anche a Firenze un film indipendente che ha fatto parecchio discutere in questi ultimi mesi, suscitando molto entusiasmo (forse troppo). Si tratta de «I giorni della vendemmia», opera prima di un giovane regista italiano, Marco Righi, che si sta facendo spazio lungo la penisola sia grazie a una distribuzione piccola, ma molto attenta, sia grazie al favore (inaspettato) del pubblico.

Il film si apre con una citazione da «Altri libertini», romanzo cult di Pier Vittorio Tondelli, ed è ambientato nell'estate del 1984 nella provincia più cattocomunista d'Italia, quella di Reggio Emilia. Sono, per l'appunto, i giorni della vendemmia, fa molto caldo e nelle vigne accanto alla cascina lavorano sodo il babbo orfano di Enrico Berlinguer, la mamma cattolica praticante, ma soprattutto il giovane Elia, un ragazzino imbronciato che sente gli ardori dell'adolescenza bruciargli dentro. Un giorno arriva da Bologna la bella Virginia, una conturbante studentessa molto sicura di sè, da cui Elia è subito attratto. I due si scambiano teneri sguardi e intime confessioni e tra una potatura e una corsa in bicicletta sta per scoppiare l'amore, quando a un certo punto arriva il fratello maggiore di Elia, bello e impossibile, e le cose iniziano a complicarsi.

Il film sembra guardare a quell'elegia del mondo contadino cara a registi come Ermanno Olmi, Franco Piavoli e Giorgio Diritti, in cui la modernità giunge a stravolgere ritmi e riti secolari. Righi però è bravo a evitare di battere strade già percorse da altri e si concentra piuttosto sulla robusta esilità del soggetto, che poi è la tenera educazione sentimentale di Elia (davvero bravo l'attore Marco D'Agostin, mentre Lavinia Longhi soffre di un personaggio troppo «tipizzato»). Il regista emiliano sceglie di raccontarla con uno stile essenziale, fatto di sguardi fugaci, ritmi lenti, vedute paesaggistiche, pochissimi rumori, costruendo il ritratto intenso e intimo di una stagione della vita sublime e maledetta.

Quando però il film cerca di allargare il discorso, facendo riferimenti diretti alla situazione socio-politica dei tempi (l'inizio della fine delle ideologie, la fuga nell'edonismo), inizia a sentirsi la fragilità della sceneggiatura, incapace di sviluppare bene i caratteri degli altri personaggi, che finiscono per apparire incompiuti (davvero brutta e inutile nel suo sovraccaricamento simbolico la sequenza in cui la fuga del figlio maggiore si alterna alla parabola del figliol prodigo pronuciata dalla madre). Peccato, ma probabilmente sono errori frutto dell'inesperienza e quindi si possono perdonare. Meglio vedere il bicchiero mezzo pieno. Almeno per questa volta.

Marco Luceri20 luglio 2012 (modifica il 23 luglio 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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