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Il sospetto

Più che un «sospetto», il nuovo film di Thomas Vinterberg mette in scena una terribile e asfissiante «caccia» all'uomo

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Il sospetto

Più che un «sospetto», il nuovo film di Thomas Vinterberg mette in scena una terribile e asfissiante «caccia» all'uomo

Regia: Thomas Vinterberg; Interpreti: Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp; Sceneggiatura: Thomas Vinterberg, Tobias Lindholm; Fotografia: Charlotte Bruus Christensen; Musiche: Nikolaj Egelund; Montaggio: Anne Østerud, Janus Billeskov; Scenografia: Torben Stig Nielsen; Costumi: Manon Rasmussen. Produzione: Zentropa; Distribuzione: Bim. Danimarca, 2012, 106'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Colonna, Flora; Campi Bisenzio: Uci; Empoli: Excelsior; Livorno: Kino Dessé; Pisa: Odeon; Pistoia: Lux; Prato: Terminale.

Più che un «sospetto», il nuovo film di Thomas Vinterberg mette in scena una terribile e asfissiante «caccia» all'uomo. Del resto, se il film si apre e si chiude con una battuta di caccia un motivo pur ci sarà. Fondamento rituale di un'amicizia virile, quest'avventura nei boschi danesi, posta all'inizio e nel finale (apertissimo) della triste vicenda raccontata racchiude in un cerchio nient'affatto magico il senso dell'intero film. Il disgraziato in questione si chiama Lucas, è un ex maestro elementare con alle spalle un matrimonio fallito. Mentre cerca con fatica di ritrovare un suo posto nel mondo (il figlio irrequieto e la nuova fidanzata gli complicano la vita), un bel giorno la piccola Klara (i suoi sono una coppia di amici litigiosi), con un'innocente (?) bugia dice che Lucas le ha mostrato il suo membro. E siccome i bambini «dicono sempre la verità», eccoti creato il mostro. E' a questo punto che la comunità (croce e delizia di tanto cinema scandinavo Dogma e post-Dogma) tira fuori il peggio di sé, mettendo all'indice il povero Lucas, che inizia una graduale e disperata discesa agli inferi, fatta di isolamento, ingiurie, scontri fisici e da un'insopportabile senso di impotenza. Fino a che, tutto non ritorna a quella battuta di caccia, con la belva braccata che riesce questa volta a divincolarsi (ma sarà poi vero?).

«Il sospetto» è un film strutturato tutto dalla parte del protagonista, visto che la sua innocenza si capisce sin dall'inizio. Vinterberg dunque ha fatto una scelta molto precisa, ovvero non quella di farci, per l'appunto, «sospettare», e quindi, un po' alla maniera hitchcokiana, tenerci fino alle fine nel dubbio che Lucas innocente non lo sia. Tutt'altro: il regista danese ha puntato tutto sul coinvolgimento emotivo dello spettatore, tirandolo subito dalla parte del protagonista, in uno schematismo buoni contro cattivi che siamo pronti ad accettare da un film hollywoodiano, ma non da un'austero e penetrante autore nordeuropeo. Dietro l'apparente «semplicità» di questa scelta sta tutta la sostanza del film. Chi ricorda il capolavoro di Vinterberg, il tesissimo «Festen» (1998), stenterà a riconoscersi in un film che, pur solido, coinvolgente e ben recitato (straordinario il lavoro fatto da Mad Mikkelsen, premiato con la Palma Miglior Attore all'ultimo Festival di Cannes), ma non certo perché manca di una sincera e spietata disamina dei rapporti sociali, all'interno della famiglia e della comunità. E' solo che lì non si parteggiava per nessuno perché ognuno era a suo modo parte di una gigantesca menzogna, nascosta da una fredda coltre di perbenismo. Qui invece Lucas è costretto a diventare un povero innocente umiliato e l'irrazionalità collettiva che lo colpisce e lo condanna appare sempre più grande e più inspiegabile. Il sano nichilismo nordeuropeo in sostanza c'è sempre, ha solo cambiato forma.

Marco Luceri24 novembre 2012 (modifica il 28 novembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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