IL FESTIVAL

La cultura del denaro nel cinema in rosa

Dal 30 novembre all'Odeon il Festival «Cinema & Donne»

IL FESTIVAL

La cultura del denaro nel cinema in rosa

Dal 30 novembre all'Odeon il Festival «Cinema & Donne»

«For Love or Money» è lo slogan scelto quest'anno per segnare il cammino della trentaquattresima edizione del Festival Cinema&Donne (all'Odeon dal 30 novembre al 5 dicembre). Contro la cultura dominante del denaro si muovono molti dei film in programma, da un muto «ritrovato» come Shoes (1916) di Lois Weber (storia di una commessa americana che sogna di comprarsi un bel paio di scarpe) a Under Snow (un viaggio nella cultura visiva del Giappone) della regista sperimentale tedesca Ulrike Ottinger, fino ai sogni e ai desideri delle donne di Istanbul, raccontate da Belmin Söylemez in Present Tense.

Il tradizionale Premio Gilda andrà alla regista e attrice portoghese Maria de Medeiros (già musa di Quentin Tarantino, Manoel de Oliveira e Bigas Luna), di cui saranno proiettati due celebri titoli come Capitani d'aprile e Il resto di niente di Antonietta De Lillo, nonché l'ultimo Viagem a Portugal. Tra gli ospiti di maggior richiamo del festival c'è anche Aida Begic, ultima rivelazione del cinema proveniente dai Balcani. La giovane regista bosniaca sarà nei prossimi giorni a Firenze, ospite a cavallo di due festival (Balkan Florence Express e, per l'appunto, Cinema&Donne) per presentare due suoi film, Snow (domani alle 21.30), ma soprattutto l'ultimo Buon anno Sarajevo! (venerdì 30 ore 21.00), passato all'ultimo Festival di Cannes e due giorni fa al Festival di Torino, e acclamato dalla stampa internazionale come uno dei migliori titoli europei dell'anno.

Il film è ambientato nella capitale bosniaca e ha come protagonisti due fratelli, Rahima, ventitré anni, e Nedim, poco più che ragazzino. I due vivono in una città che, a più di un decennio di distanza, non è ancora riuscita a lasciarsi alle spalle le ferite del conflitto, vivendo una perenne transizione fatta di difficoltà economiche e disagio sociale; Rahima, che ha trovato conforto nella religione musulmana, lavora come cuoca in un ristorante gestito da un uomo violento e meschino, mentre Nedim si trova spesso coinvolto in risse con i suoi compagni di scuola, che lo discriminano perché orfano. L'improvvisa scoperta di alcune frequentazioni del ragazzo, e di certe sue attività di cui Rahima era all'oscuro, fanno capire alla giovane quanto poco, in realtà, lei sappia della vita di suo fratello. «Il soggetto di questo film risale al 1997 - racconta Aida Begi?, che riceverà in Palazzo Vecchio il Premio Sigillo della Pace - Già allora pensavo di fare un film su quello che chiamavamo ''il sogno bosniaco" e cioè il grande progetto di ricostruzione del nostro Paese dopo la guerra. Realizzando il film più di dieci anni dopo mi sono resa conto che i bosniaci non ci credono più. Oggi hanno sostituito i sogni con i ricordi. Continuiamo a vivere in una transizione che dura ormai da troppi anni e non se ne vede la fine. E' così cresciuto un forte sentimento d'impotenza e di sfiducia verso il futuro. E come avviene in tutti i Paesi che versano in una situazione di stallo, si diffondono corruzione, ingiustizia e violenza. I due fratelli protagonisti del film vivono una situazione di perenne contrasto: ricchi contro poveri, vita e morte, passato e presente, realtà e illusione, libertà e prigionia. In Rahima convivono tutte queste realtà, anzi lei stessa è il simbolo del difficile dopoguerra vissuto dalla Bosnia».

Marco Luceri28 novembre 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

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