il personaggio

J-Ax e l'anarchica immaturità

C’è qualcuno in cattedra, ma non fa l’appello: si può star sereni. J-Ax è il prossimo ospite di “A Lezione di Musica” alle Murate

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J-Ax e l'anarchica immaturità

C’è qualcuno in cattedra, ma non fa l’appello: si può star sereni. J-Ax è il prossimo ospite di “A Lezione di Musica” alle Murate

C’è qualcuno in cattedra, ma non fa l’appello: si può star sereni. J-Ax è il prossimo ospite di “A Lezione di Musica” alle Murate (stasera, ore 18). I legami con Firenze per Alessandro Aleotti – questo il nome all’anagrafe – sono più di quanti se ne possano immaginare: «Sono di Firenze il mio batterista, e anche il mio produttore (Franco Godi, ndr): insomma, frequento la zona da vent’anni». Per non contare lo scrittore e press-agent Bruno Casini, che guiderà l’incontro e che con l’artista a collaborato per molti anni, all’epoca degli Articolo 31. Ha già pronta la ricca scaletta per l’evento del ciclo che mette a confronto emergenti, pubblico, e grandi nomi: «Ax ha fatto da apripista al rap italiano e non dimentichiamo che il terzo album degli Articolo (“Così Com’è”, 1996, ndr) ha venduto 500mila copie … il suo staff è stato per anni molto “fiorentino”, e in vent’anni di carriera ne ha fatte di cose, compreso inaugurare il “rap&roll». E proprio quello che si configura come il «crossover de noantri che forse adesso rappresenta sopra ogni cosa l’identità di Ax: «Non farò una lezione di rap, ma darò solo una testimonianza di quello che ho visto da vicino – spiega – Ormai mi sento un po’ al di sopra delle parti. Certo ho contatti e collaborazione con persone come i Dogo e Marracash, lì c’è una mia radice forte, ma non mi sento il portavoce di quel genere».

Questo, ovviamente, non basta a salvarlo dalla quantità di brani rap che gli vengono ancora sottoposti dai giovani musicisti. Giovane è anche il suo pubblico, ma in senso lato: «Io dico sempre che è fatto di ragazzini di ogni età: diciamo che sono più simile io a un 14-15enne, che lui a me». Ecco in che modo:«Rappresento quei 30/40enni mai cresciuti, che non si sono mai voluti svezzare. Con questo intendo che sono rimasti idealisti, creduloni, che non si sono fatti indurire dalla vita. Certo, questo considerando che è lei che ti costringe a indurirti, e a fare delle scelte». Dice in un motto: «Diciamo che io sono per una dose di anarchica immaturità». E proprio da quei giovani che lo inseguono per fargli sentire un demo, vorrebbe sentirsi fare qualche domanda in più sulla politica, avvertirli più curiosi su un tema nei confronti del quale è tutt’altro che “credulone”: «L’Italia è un piccolo satellite rispetto ad altri Paesi, parte di un meccanismo che esula dal nostro controllo. Per quello ho smesso di interessarmi alla politica locale, ovvero nazionale. Posso anche far finta di credere, leggendo i giornali, che non verranno puniti di nuovo i poveri, ma la verità è che i colpevoli reali di questa situazione non li toccherà mai nessuno».

Questo, racconta, lo ha molto allontanato dalle beghe nostrane, e anche dalla corsa alle primarie del Pd – per le quali è in corsa il sindaco Renzi al ballottaggio con Bersani – delle quali non si cura minimamente. E allora, testato sulla politica estera, risponde: «Essendo mia moglie americana, e quindi frequentando molto gli Stati Uniti, mi permetto di esprimere un giudizio. Anche in questo caso, dietro ci sono cose più forti sulle quali il controllo è quasi impossibile: il presidente degli Stati Uniti può influire seriamente su quel Paese quanto la direzione di Sanremo su Sanremo». E ironia della sorte, usa anche lui l’Ariston per una metafora politica. Proprio come quel Renzi della primarie.

Diletta Parlangeli29 novembre 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

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