il film della settimana
Hugo Cabret
Scorsese racconta in una favolosa Parigi degli anni Trenta, le vicende del vecchio Georges (Méliès, inventore dei primi trucchi ed effetti speciali della storia del cinema) e del piccolo Hugo
Regia: Martin Scorsese; Interpreti: Asa Butterfield, Ben Kingsley, Jude Law, Sacha Baron Cohen; Sceneggiatura: John Logan; Fotografia: Robert Richardson; Musica: Howard Shore; Montaggio: Thelma Shoonmaker; Scenografia: Dante Ferretti; Costumi: Sandy Powell; Produzione: GKFilms, Infinitum Nihil; Distribuzione: 01. USA, 2011, 125'
In Toscana è in queste sale: Firenze: Adriano, Marconi, Portico, Uci; Arezzo: Uci; Colle Val d’Elsa: Sant’Agostino; Forte dei Marmi: Nuovo Lido; Grosseto: The Space; Livorno: The Space; Montecatini Terme: Imperiale; Prato: Eden, Omnia Center; Poggibonsi: Politeama; Pontedera: Cineplex; Rosignano Marittimo: Castiglioncello; Santa Croce sull’Arno: Lami; Sesto Fiorentino: Grotta; Siena: Metropolitan; Sinalunga: Uci; Viareggio: Odeon.
Ai primi spettattori dei fratelli Lumière le immagini del cinematografo sembravano “vere”. Oggi, invece, la gran parte di quelle che vediamo le percepiamo come “false”. Perché? In mezzo c’è stato un secolo e più di cinema, che ha saputo stabilire una corrispondenza fra l’occhio della macchina da presa e quello con cui milioni di persone si sono guardate attorno. Non solo ha registrato gli avvenimenti e i sogni di un’epoca, ma ha anche definito la maniera in cui andava percepito il mondo, offrendo schemi concettuali con i quali pensare nuove cose e guardare come mai era avvenuto precedentemente. Parte da questa considerazione Martin Scorsese per il suo nuovo film, quell’«Hugo Cabret» che ha ottenuto un numero esorbitante di nomination agli Oscar del prossimo 26 febbraio e che costituisce forse il film più importante e sperimentale di questa sua fase senile.
Raccontando, in una favolosa Parigi degli anni Trenta, le vicende del vecchio Georges (Méliès, inventore dei primi trucchi ed effetti speciali della storia del cinema) e del piccolo Hugo, alle prese con un meraviglioso e complicatissimo automa, il regista americano ha costruito non solo un film ricco di passione e di amore per il cinema e per la sua storia, ma anche un tessuto di immagini che ci riportano alla natura stessa di questa arte e della sua potenza. Il cinema, in sostanza, ci suggerisce Scorsese, è un sistema di “illusioni”, un linguaggio che nel Novecento è diventato la chiave per capire il mondo ed elevarlo a elegia della vita. Il regista lo fa affidandosi ad alcuni miti culturali, quelli dei primi decenni del XX secolo (quello della tecnica e delle macchine, onnipresenti nel film, dalla stazione di Montparnasse al negozio di giocattoli di Méliès, fino ai meccanismi dell’automa stesso) e quelli del XXI (il desiderio dell’onnipotenza e dell’onniscenza visiva), espressi questi ultimi da un uso del 3D che ci viene presentato sotto la sua forma più primigenia, ovvero un altro “trucco” per affondare lo sguardo nel reale. «Hugo Cabret» è insomma un film sospeso tra passato e presente (del cinema), in cui fondamentale è il recupero di un atteggiamento etico, oltre che estetico. E’ innegabile che il punto di vista di Scorsese sia quello di Hugo e del vecchio Méliès che pian piano riscopre la magia di un’arte che aveva seppellito nella sua memoria. Il segreto? Sarà forse utopistico, ma è tuttora possibile: superare ogni pregiudizio e recuperare ai nostri occhi l’innocenza perduta, il desiderio di sognare, il gusto del mistero e la fiducia nelle capacità intellettive oppure, come scriveva Proust, sforzarsi – almeno qualche volta - «di guardare il mondo con gli occhi di un altro».
Marco Luceri
03 febbraio 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA
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