MOSTRA DI VENEZIA

Via Stalingrado, dal libro al cinema

L'autrice del libro «Acciaio», Silvia Avallone, si è quasi commossa guardando le immagini del film

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Via Stalingrado, dal libro al cinema

L'autrice del libro «Acciaio», Silvia Avallone, si è quasi commossa guardando le immagini del film

LIDO DI VENEZIA - Via Stalingrado, a Piombino, è una strada che non esiste. Eppure oggi tutti la conoscono, ne parlano, qualcuno la cerca anche. Per esorcizzarla, però. Perché quei suoi palazzoni grigi, quella periferia brulicante di un’umanità derelitta, bella e perduta, rappresentano davvero quella brutale e soffocante violenza del mondo moderno di cui parlava Pier Paolo Pasolini tanto tempo fa. Un posto in cui nessuno vorrebbe vivere, né morire. Eppure via Stalingrado c’è, come esiste una possibile via di fuga: l’Isola d’Elba, che si staglia brulla sul mare, lungo l’orizzonte di un altro mondo.

Acciaio, il film
  • Acciaio, il film

In mezzo, né di qua né di là, Anna e Francesca, piccole ma già grandi, legate da un’amicizia potente e morbosa quanto l’amore. Silvia Avallone ha raccontato tutto questo nel suo romanzo d’esordio Acciaio (Rizzoli, 2010), ma ora la Piombino (post) industriale in cui si intrecciano le storie di questa gioventù bruciata ha fatto il suo debutto anche sul grande schermo: presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, il film, affidato alla regia del fiorentino Stefano Mordini e interpretato, tra gli altri, da uno straordinario Michele Riondino (nella parte di Alessio) e da Vittoria Puccini (in quella di Elena) è stato tra i più attesi della sezione «Giornate degli Autori», ma ha diviso il pubblico, raccogliendo molti applausi, ma anche qualche fischio.

«E’ un’emozione grandissima essere qui – ha detto Mordini alla fine della proiezione – realizzare questo film è stata una sfida importante per me e credo anche per Piombino, che ha fatto da sfondo ad Acciaio sin dalla fase di scrittura». Il regista ha precisato il ruolo avuto da Silvia Avallone nella prima fase di lavorazione: «Silvia a Piombino ci ha fatto un po’ da guida, poi dopo aver discusso con noi molti dei contenuti e dei personaggi del film, se ne è gradualmente allontanata, per non influenzare le nostre scelte, ben consapevole che il film è necessariamente diverso dal testo letterario di partenza. Il tema della difficoltà del lavoro operaio nel mondo di oggi mi ha sempre attirato molto, ma del romanzo mi aveva colpito soprattutto una frase: "L’adolescenza è un’età potenziale". Ecco, trovo che questo sia il vero significato del film».

Mordini è sincero quando dice questo, soprattutto perché, rispetto al romanzo, l’asse narrativo del film è più spostato sul personaggio di Anna: «La vera protagonista del film è lei, che osserva la realtà intorno a sé con maggiore consapevolezza rispetto a Francesca: la famiglia e in particolare il complesso rapporto con il fratello Alessio e soprattutto la fabbrica, un mondo sconosciuto che incombe sulla sua vita anche se non vi ha mai messo piede». Silvia Avallone si è quasi commossa guardando le immagini del film, non ha voluto rubare la scena a Mordini e agli attori e si è limitata a dire che «dal romanzo al film ciò che è rimasto intatto è stato lo spirito di questa vicenda e il dovere morale di dare una risposta alle domande di questa ragazze». E’ per questo che il film si chiude con una speranza. La grigia via Stalingrado è scomparsa, i piedi di Anna e Francesca sono bagnati dalle limpide acque dell’Elba. Sorridono le due ragazze. E in quel sorriso c’è tutta la gioia sofferente dello stare al mondo.

Marco Luceri03 settembre 2012 (modifica il 08 settembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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