LA GIORNATA

Il cinema «taglia e rimonta»

Il 6 dicembre, al cinema Odeon, la proiezione di film nati dal riassemblaggio creativo che autori e montatori hanno realizzato da spezzoni di pellicole preesistenti

LA GIORNATA

Il cinema «taglia e rimonta»

Il 6 dicembre, al cinema Odeon, la proiezione di film nati dal riassemblaggio creativo che autori e montatori hanno realizzato da spezzoni di pellicole preesistenti

Sarà un'intera giornata dedicata alla tecnica del «mash-up cinematografico» quella organizzata (giovedì 6 dicembre) da Michele Crocchiola al cinema Odeon, all'interno della «50 Giorni di Cinema», con la proiezione di film nati dal riassemblaggio creativo che autori, registi e montatori hanno realizzato a partire da spezzoni di pellicole preesistenti. Si parte il pomeriggio (ore 17.30) con uno dei primi e pioneristici esperimenti italiani di mash-up, «La verifica incerta», realizzato nel 1964 da due cineasti/artisti della neoavanguardia come Alberto Grifi e Gianfranco Baruchello, che «tagliarono» e «rimontarono» decine di sequenze tratte dai film americani usciti negli anni Cinquanta e Sessanta, ispirandosi al lavoro di Marcel Duchamp (che compare anche in alcune sequenze) e John Cage, che dette la sua «benedizione» all'operazione.

Dall'Italia degli anni Sessanta a quella di oggi il salto non è poi così lungo: «Formato ridotto - libere riscritture dal cinema amatoriale» (ore 20.30) è invece un film collettivo nato dall'incontro tra Home Movies e un gruppo di scrittori (Enrico Brizzi, Ermanno Cavazzoni, Emidio Clementi, Ugo Cornia e Wu Ming 2) che hanno elaborato immagini trovate nell'Archivio nazionale del film di famiglia per sperimentare, tra cronaca e divagazione, tra saggio e racconto, nuove tecniche di «riscrittura» della memoria visiva. Alle 22.00 il vero cult-movie della giornata, ovvero «Final Cut», il film-monstre realizzato dal visionario regista ungherese György Pálfi, che ha selezionato e rimontato centinaia di sequenze tratte da 450 film tra i più disparati della storia del cinema (da Chaplin a Fellini, da Hitchcock a Tim Burton, da Truffaut ai musical della Hollywood classica, ecc.) per raccontare una grande storia d'amore (il film, presentato all'ultimo Festival di Cannes può circolare solo in occasioni speciali perché è stato realizzato senza chiedere il consenso agli aventi diritto).

Una bella occasione quella di questa giornata per riflettere su una delle tecniche meno conosciute ma tra le più importanti della storia del cinema del dopoguerra, anche nell'ottica di un'osservazione più attenta proprio alla sua evoluzione storica. «La verifica incerta», ad esempio, dimostra quanto certi ambienti dell'avanguardia italiana fossero prossimi a una più generale tendenza del cinema di quegli anni che, grazie anche alla rivoluzione della Nouvelle vague francese, sceglieva come oggetto del film il cinema stesso, nell'ottica di un rapporto che dalla nostalgia passava direttamente alla ricostruzione di un nuovo (o vecchio?) possibile immaginario pop. Fino a «Final Cut», che è forse una sublimazione estrema di quella tendenza nata e cresciuta dai primi anni Novanta in seno alla cultura post-moderna (al cinema i film di Tarantino, Soderbergh, Rodriguez, ecc.), ovvero quella del citazionismo più sfrenato, che stuzzica il narcisismo cinefilo degli spettatori. E comunque, anche se oggi la tecnica del mush-up può produrre effetti al contempo semplicemente divertenti e/o pericolosamente vacui, un confronto con essa appare davvero irrinunciabile.

Marco Luceri06 dicembre 2012 (modifica il 07 dicembre 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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