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IL FILM DELLA SETTIMANA

Là-bas

La pellicola non scivola mai nella prevedibile formula del film d'inchiesta sull'immigrazione: i temi del razzismo, della difficile integrazione, ci sono tutti, ma non costituiscono l'unico motivo del film

Regia: Guido Lombardi; Interpreti: Kader Alassane, Moussa Mone, Esther Elisha; Sceneggiatura: Guido Lombardi; Fotografia: Francesca Amitrano; Musiche: Giordano Corapi; Montaggio: Annalisa Forgione, Beppe Leonetti; Scenografia: Marica Rotondo; Produzione: Eskimo, Figlidelbronx, Minerva Pictures; Distribuzione: Istituto Luce. Italia, 2011, 100'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Spazio Uno.

«Là-bas» in francese è poco più di un intercalare. Vuol dire «laggiù». Ma gli africani dicono «là-bas» anche quando parlano dell’Europa, dove sono andati, in cerca di fortuna o per disperazione, i loro cari e i loro amici. Dicono «là-bas» per dire altrove, a sud o a nord non ha importanza. Vuol dire, semplicemente, lontano.

Castel Volturno, 18 settembre 2008. Un commando di camorristi irrompe in una sartoria di immigrati africani, sparando all'impazzata e uccidendo sei ragazzi di colore. Nel frattempo, il giovane immigrato Yssouf decide di chiudere i conti con lo zio Moses. E' lui che lo ha convinto a venire in Italia promettendogli un futuro da onesto artigiano e che invece lo ha trasformato nel cinico gestore di un giro milionario di cocaina, con il rischio di finire ammazzato dal potente clan rivale dei nigeriani. Tuttavia, Yssouf non è il solo a essere intrappolato nella quotidiana lotta per la sopravvivenza: intorno a lui ruotano anche le vicende dell'amico Germain, della cantante Asetù e della prostituta Suad, che lo stesso Yssouf vorrebbe riscattare dai suoi padroni. Là-bas, laggiù, è qui. Ora. Presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione «Settimana della Critica», dove è stato premiato con il Premio Leone del Futuro, il film d'esordio di Guido Lombardi è una sorta di «romanzo criminale» dei nostri giorni, ispirato a sanguosi fatti di cronaca realmente accaduti in una delle zone più difficili del nostro Sud.

Il regista napoletano, che ben conosce la realtà di questi luoghi, vi si è avvicinato con uno sguardo duro e diretto, raccontando crudemente un mondo di accattoni e dannati, ma è magistralmente riuscito a racchiudere queste storie di disperazione e di malaffare in un quadro di «genere», quello del gangster-movie di formazione. E' per questo che «Là-bas» non scivola mai nella prevedibile formula del film d'inchiesta sull'immigrazione: i temi del razzismo, della difficile integrazione, della distanza culturale ci sono tutti, ma non costituiscono l'unico motivo del film. L'impianto drammaturgico è infatti così forte e ben strutturato che i personaggi, le situazioni e le azioni rispondono a un disegno coerente, che funziona a meraviglia proprio perché la tragicità dell'esistenza non viene solo denunciata, ma messa in scena e fatta vedere in tutta la sua straziante realtà, a partire proprio dal travaglio interiore che vive in maniera dilaniante il protagonista Yssouf, giunto in Italia con un carico di sogni che presto sarà costretto ad abbandonare. A ciò naturalmente concorre uno stile semi-documentaristico (il regista viene da lì), che recupera la lezione di un film in tal senso esemplare come «Gomorra» di Matteo Garrone, in cui l'antica matrice (neo)realista si combina alla violenza visiva tipica dei nostri tempi.

Marco Luceri
09 marzo 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

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