il film della settimana
Flight
Il film si trasforma da semplice disaster-movie in una specie di thriller legale dalle sfumature metafisiche
Regia: Robert Zemeckis; Interpreti: Denzel Washington, Don Cheadle, Jelly Reilly, John Goodman; Sceneggiatura: John Gatins; Fotografia: Don Burgess; Musiche: Alan Silvestri; Montaggio: Jeremia O'Driscoll; Scenografia: Nelson Coates; Costumi: Louise Frogley; Produzione: Imagemovers, Parkes/MacDonald Productions; Distribuzione: Universal Pictures. USA, 2012, 139'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Fulgor, The Space, Uci; Arezzo: Uci; Campi Bisenzio: Uci; Chiusi: Clev Village; Empoli: Excelsior; Forte dei Marmi: Nuovo Lido; Grosseto: The Space; Livorno: The Space; Lucca: Moderno; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Pescia: Splendor; Pisa: Odeon; Prato: Omnia Center; Poggibonsi: Italia; Pontedera: Cineplex; San Casciano Val di Pesa: Everest; Santa Croce sull'Arno: Lami; Sesto Fiorentino: Grotta; Sinalunga: Uci; Viareggio: Goldoni; Volterra: Centrale.
Fa un certo effetto vedere un grande autore del cinema americano come Robert Zemeckis «tornare a casa». Lui che, insieme a James Cameron, ci ha fatto viaggiare nell'ultimo decennio lungo i confini di una tecnologia cinematografica spinta sempre più al limite, verso nuovi territori indagati con la fascinazione della computer graphic, del 3D, del motion capture (stiamo parlando di capisaldi come «Polar Express», «La leggenda di Beowulf», «A Christmas Carol»), lui, insomma che ha fatto del suo cinema un eterno ritorno al futuro, ci racconta ora una semplice e dura storia di redenzione ambientata nell'America di oggi. Ne è protagonista un maestoso Denzel Washington, nei panni di un comandante che su un aereo in avaria riesce con un atterraggio miracoloso a salvare quasi tutte le vite dei passeggeri a bordo. Ma l'uomo è un ubriacone e si sa, l'America non perdona.
Così da eroe mediatico passa ben presto alla sbarra, sotto accusa per omicidio colposo, sbattuto nuovamente di fronte a quelle responsabilità da cui ha sempre cercato di fuggire, dalla famiglia (ha una moglie e un figlio che non vede da anni) ai nuovi possibili amori (la tenera tossica Nicole, interpretata con stralunata dolcezza da Kelly Reilly) Il film si trasforma così da semplice disaster-movie (il redivivo direttore della fotografia Don Burgess, che aveva terminato la collaborazione con Zemeckis dopo «Cast Away» ci regala alcune sequenze aeree mozzafiato) in una specie di thriller legale dalle sfumature metafisiche. Lo spettatore dovrà scoprire pian piano il ruolo di Whip Whitaker (questo il nome del comandante) nel mondo, la sua vera identità, in un viaggio in cui la robustezza drammatica della sceneggiatura dà vita a personaggi sospesi tra fede e ragione, tra opportunismo e voglia di riscatto, tra fede e tentazione. Intriso di tematiche e simboli religiosi, attraversato da una desolata malinconia, ma con dei piacevoli inserti ironici (spicca su tutti il personaggio dell'improbabile pusher interpretato dal grande John Goodman), il film è cattivo al punto giusto, almeno fino a quando, dopo la difficilissima ma «classica» redenzione a cui il personaggio è chiamato, non arriva un finale troppo pieno di inutile retorica. Peccato, perché fino a quei 10 minuti finali il film è perfetto.
01 febbraio 2013 (modifica il 03 febbraio 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA