il film della settimana

Educazione siberiana

Va riconosciuto il coraggio di sapersi confrontare con materiali drammaturgici incandescenti, di per sé potenzialmente esplosivi

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Educazione siberiana

Va riconosciuto il coraggio di sapersi confrontare con materiali drammaturgici incandescenti, di per sé potenzialmente esplosivi

Regia: Gabriele Salvatores; Interpreti: Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Eleanor Tomlinson, John Malkovich; Sceneggiatura: Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Gabriele Salvatores; Fotografia: Italo Petriccione; Musiche: Mauro Pagani; Montaggio: Massimo Fiocchi; Scenografia: Rita Baldassini; Costumi: Patrizia Chericoni; Produzione: Cattleya, Rai Cinema; Distribuzione: 01 Distribution. Italia, 2013, 110'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Fiorella, Fulgor, Principe, The Space, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Empoli: Excelsior; Livorno: Grande, The Space; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Pisa: Isola Verde; Poggibonsi: Garibaldi; Pontedera: Cineplex; Prato: Eden, Omnia Center; Santa Croce sull'Arno: Lami; Sesto Fiorentino: Grotta; Siena: Nuovo Pendola; Viareggio: Politeama.

Vorremmo spezzare una lancia in favore di un autore inquieto e imprevedibile come Gabriele Salvatores. Perché nel panorama del cinema italiano, fatto di molte ombre e poche luci, il regista milanese, arrivato alla soglia dei sessant'anni e con un Oscar (forse vinto troppo presto) alle spalle, non si è mai stancato di battere nuove strade, a volte prendendo delle cantonate, altre invece dimostrandosi capace contro ogni pronostico, ma sempre e comunque rivelando una certa vitalità (stesso discorso potrebbe valere per Giuseppe Tornatore, con cui Salvatores sembra condividere una parabola generazionale). Cosa sicuramente non facile, tant'è che il regista è oggi uno dei pochissimi nostri autori» a essere ancora positivamente attratto dai modelli estetici del cinema americano contemporaneo, senza dimenticare la lezione dei grandi maestri del passato (in particolare Sergio Leone). In questo suo ultimo film, «Educazione Siberiana», tutto ambientato in un mondo in declino, si percepisce lo sforzo di unire queste due matrici: da una parte la spettacolarità, il ritmo, l'azione del cinema di «genere» che guarda a Hollywood e dall'altra la sensibilità figurativa europea, all'insegna di un percorso che ripropone il tema per eccellenza dell'universo poetico di Salvatores, quello della crescita e della maturazione generazionale.

La chiave sta nel particolare adattamento che Salvatores ha fatto dell'opera letteraria di Nicolai Lilin, una sorta di lunga autobiografia romanzata su una comunità di criminali siberiani relegati, con i loro riti e il loro codice d'onore, in un paese sperduto nel sud della Russia. L'epopea è quella del crollo dell'impero sovietico e del nascere della nuova Russia delle mafie, degli oligarchi e delle guerre etniche, scenario ideale per ambientare la storia di due amici fraterni (ottimi i due attori protagonisti), il cui forte imprimatur etico viene continuamente messo in discussione dalle dure prove a cui la vita li chiama. Salvatores ha asciugato il film dagli elementi più violenti e sanguinari presenti nella scrittura di Lilin, per concentrarsi sulla dimensione interiore e fisica dei personaggi, optando per precise scelte stilistiche, la più evidente delle quali è un insistito uso del montaggio simbolico, che ritroviamo in molte sequenze. Ciò ha da una parte un po' appesantito la freschezza del racconto (stucchevoli le colombe che volano sull'azzurro cielo), dall'altra però ha irrobustito dei passaggi che altrimenti non avrebbero avuto un adeguato spessore drammatico. Un film, insomma, a metà del guado, al cui autore va però riconosciuto il coraggio di sapersi confrontare con materiali drammaturgici incandescenti, di per sé potenzialmente esplosivi.

(modifica il 03 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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