il film della settimana
L'ultima ruota del carro
Il regista toscano stavolta ha abbandonato la faciloneria innocua dei suoi manuali d'amore per sfornare finalmente il film della maturità
Regia: Giovanni Veronesi; Interpreti: Elio Germano, Ricky Memphis, Alessandra Mastronardi; Sceneggiatura: Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Filippo Bologna, Ernesto Fioretti; Fotografia: Fabio Cianchetti; Musiche: Elisa; Montaggio: Patrizio Marone; Scenografia: Tonino Zera; Costumi: Gemma Mascagni; Produzione: Fandango; Distribuzione: Warner Bros. Italia, 2013, 113'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Fulgor, Portico, Principe, The Space, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Empoli: Excelsior; Livorno: The Space; Massa: Splendor; Montecatini: Imperiale; Montevarchi: Cine8; Pisa: Isola Verde; Poggibonsi: Garibaldi; Pontedera: Cineplex; Prato: Omnia Center; Santa Croce sull'Arno: Lami; Scandicci: Cabiria; Sesto Fiorentino: Grotta; Viareggio: Goldoni.
Chi pensa che in Italia non si possano più fare commedie che facciano divertire, commuovere e anche pensare vada a vedersi il bel film di Giovanni Veronesi «L'ultima ruota del carro». Il regista toscano stavolta ha abbandonato la faciloneria innocua dei suoi manuali d'amore per sfornare finalmente il film della maturità, in cui dipinge il ritratto del nostro paese attraverso gli occhi di una brava persona realmente esistista, Ernesto Fioretti (che diventa Marchetti nella finzione). Cinquant'anni di storia italiana dalle spiagge del boom fino a Berlusconi, attraverso la vita di chi questa storia l'ha sfiorata stando sempre dalla parte di chi l'ha subìta, tra gioie e dolori.
Tappezziere, cuoco, trasportatore, consulente, comparsa per la tv: Ernesto ha fatto mille lavori, ma ha contato sempre e solo sulle sue forze e così è riuscito a sopravvivere in un paese sempre più brutto, abitato da trasformisti, voltagabbana, profittatori, cialtroni e corrotti. Ernesto non è un eroe, è un uomo comune, l'ultimo «modello» di homo italicus a cui aggrapparsi per poter ripartire. Molti hanno scritto, dopo la presentazione del film al Festival di Roma, di un ritorno alla grande commedia all'italiana di Monicelli, Risi e Scola. Forse è un po' troppo, lì c'erano una cattiveria e un senso della fine che nel film di Veronesi rimangono molto sotto traccia, ma è indubbio che siamo almeno su quella strada. Merito soprattutto di un lavoro di sceneggiatura (firmata da Ugo Chiti e Filippo Bologna) molto attento all'ampiezza del meccanismo drammatico e non teso a strappare la risata su una serie di gag.
Ne sono prova il bel nugolo di personaggi secondari (come quelli interpretati da Ricky Memphis e Alessandro Haber) e soprattutto il protagonista, quell'Elio Germano (strepitoso) che tanto fa pensare alla maschera interpretata in tanti film del passato da Nino Manfredi, quella del giovane candido e ingenuo che vive in mezzo al cinismo e all'opportunismo più biechi. Certo per ora, «L'ultima ruota del carro», stretto tra la comicità ruspante di Checco Zalone e l'imminente arrivo dei cinepanettoni natalizi, potrebbe restare un episodio isolato. Ma – azzardiamo – i tempi sono maturi per un salto in avanti. Del resto, se non ora quando?