IL FILM DELLA SETTIMANA
Django Unchained
Il film è un vero e proprio concentrato dello stile del Tarantino maturo: le dinamiche narrative sono meno epiche, ma hanno una maggiore robustezza drammatica
Regia: Quentin Tarantino; Interpreti: Jamie Foxx, Leonardo Di Caprio, Christoph Waltz, Kerry Washington, Samuel Lee Jackson; Sceneggiatura: Quentin Tarantino; Fotografia: Robert Richardson; Montaggio: Fred Raskin; Scenografia: J. Michael Riva; Costumi: Sharen Davis Produzione: Columbia Pictures, Weinstein Company; Distribuzione: Warner Bros. USA, 2012, 165'.
In Toscana è in queste sale:Firenze:Adriano, Fiamma, Fulgor, Marconi, The Space, Uci; Arezzo: Eden; Campi Bisenzio: Uci; Cecina: Tirreno; Chiusi: Clev Village; Empoli: Excelsior; Forte dei Marmi: Nuovo Lido; Grosseto: The Space; Livorno: Grande, The Space; Lucca: Astra; Montecatini Terme: Imperiale; Montevarchi: Cine8; Orbetello: Supercinema; Pisa: Isola Verde; Pistoia: Lux; Poggibonsi: Garibaldi; Pontedera: Cineplex; Prato: Eden; Santa Croce sull'Arno: Lami; Sesto Fiorentino: Grotta; Siena: Metropolitan; Sinalunga: Uci; Viareggio: Odeon.
Il ritorno al cinema di un autore di culto (nonché divo dell'immaginario contemporaneo) come Quentin Tarantino non poteva certo passare inosservato, soprattutto dopo l'exploit del precedente film (forse il suo vero capolavoro), «Bastardi senza gloria», grazie al quale il regista americano si era scrollato di dosso la dimensione più astratta del suo cinema, per tentare con successo un'operazione molto ardita, ovvero la reinvenzione del cinema come reinvenzione della Storia (con una sala cinematografica parigina che viene data alle fiamme, trasformandosi in una gigantesca trappola di fuoco in cui muoiono Hitler e tutti i gerarchi nazisti). Anche il nuovo film, «Django Unchained» (che richiama un vecchio spaghetti-western di Sergio Corbucci) sembra muoversi su questa strada, andando a recuperare un periodo cruciale della storia americana come gli anni che precedettero lo scoppio della Guerra Civile (la didascalia iniziale ci informa che siamo nel 1858).
Siamo negli stati del sud razzista, dove i neri sono ancora schiavi, e dove, tra città, valli, praterie, montagne e campi di cotone, si muove ineffabile uno strano cacciatore di taglie (un ex dentista dai modi affettati e dalla pistola prontissima, interpretato da un insuperabile Christoph Waltz) con al seguito un certo Django, un nero da lui liberato (Jamie Foxx); i due se la intendono bene, consegnano alla legge parecchi ricercati (molti più morti che vivi), mettendo da parte un bel po' di soldi. Fino a che non decidono di andare a liberare, con l'inganno, la moglie di Django, schiava presso uno strano e terribile proprietario terriero (Leonardo Di Caprio, nel suo primo ruolo veramente da “cattivo”).
Il film è un vero e proprio concentrato dello stile del Tarantino maturo: le dinamiche narrative sono meno epiche, ma hanno una maggiore robustezza drammatica, le inquadrature sono meno debitrici nei confronti della tradizione, il citazionismo sfrenato delle origini si è stemperato parecchio (solo la musica continua ad avere un ruolo espressivo fondamentale). In generale dunque il regista americano dimostra di saper guardare avanti: dopo aver asciugato la spettacolarità delle scene di violenza (i cui effetti comico-grotteschi tuttavia sono ben presenti), si concentra ancora di più sulle sequenze più dialogiche (una delle cose che gli riescono meglio, come dimostra, in quest'ultimo film, la lunga cena che precede l'agnizione). Tuttavia, pur essendo un film potente, ironico e ricco di trovate, «Django Unchained» ha due difetti piuttosto evidenti: si sente la mancanza di una parte veramente originale (come era quella del cinema in fiamme in «Bastardi senza gloria») e ha un finale troppo “hollywoodiano” per essere, ancora una volta, autenticamente pulp.
18 gennaio 2013 (modifica il 19 gennaio 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA