il film della settimana
Una piccola impresa meridionale
La prospettiva è più quella dello spostamento, ma dell'immobilità, in un luogo dove convergono una serie di strampalati personaggi
Regia: Rocco Papaleo; Interpreti: Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Rocco Papaleo, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza; Sceneggiatura: Walter Lupo, Rocco Papaleo; Musiche: Rita Marcotulli; Montaggio: Christian Lombardi; Scenografia: Sonia Peng, Elio Maiello; Costumi: Claudio Cordaro; Produzione: Paco Cinematografica; Distribuzione: Warner Bros. Italia, 2013, 103'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Adriano, Fulgor, Marconi, The Space, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Chiusi: Clev Village; Empoli: Excelsior; Livorno: Quattro Mori, The Space; Montecatini: Imperiale; Montevarchi: Cine8; Pisa: Isola Verde; Pistoia: Lux; Poggibonsi: Garibaldi; Prato: Eden, Omnia Center; Scandicci: Cabiria; Sesto Fiorentino: Grotta; Santa Croce sull'Arno: Lami; Siena: Metropolitan; Viareggio: Politeama.
Diciamo la verità: quando un paio di anni fa uscì nelle sale il primo film di Rocco Papaleo, «Basilicata coast to coast», molti di noi rimasero piacevolmente colpiti da quella commedia on the road ambientata lungo le strade polverose del nostro Sud, perché era un film originale, dalla scrittura scoppiettante e dall'andamento imprevedibile. Atteso al varco – difficilissimo – del secondo film e guardando forse con troppa indulgenza a quel primo successo, Papaleo si è lasciato travolgere dalla volontà di proseguire un certo discorso poetico (la cultura e le tradizioni che si scontrano con la modernità, la solitudine e l'amore, la musica e il coraggio di ridere di se stessi) e ha finito, nonostante le buone intenzioni, per apparire inevitabilmente al di sotto delle aspettative.
Già, perché l'idea di «Una piccola impresa meridionale» (titolo geniale, come lo era quello del primo film) è quella non più dello spostamento, ma quella dell'immobilità, in un luogo (un vecchio faro che domina una serie di baie e scogliere, vicino a un non ben precisato paesino del Sud) dove convergono una serie di strampalati personaggi: un prete spretato, un cognato cornuto e musicista frustrato, una sorella fuggita con una giovane badante rumena, la sorella di lei ex-prostituta, un paio di operai edili con bambina al seguito, una madre che vorrebbe «ammazzarli» tutti. Questo spostamento di prospettiva (scusate il gioco di parole) costringe Papaleo a fossilizzarsi dentro una cornice narrativa che fatica a muoversi, così i personaggi, non supportati da un'adeguata forza della scrittura finiscono per apparire troppi e fin troppo tipizzati per apparire credibili, tant'è si pongono sostanzialmente come già rivelati sin dall'inizio e restano sempre gli stessi fin quasi alla fine.
Il ritmo ne risente tantissimo, soprattutto nella prima parte, quando si attende impazientemente che il film decolli e invece ci si ritrova a bocca asciutta, chiedendosi dove si voglia andare a parare. Nel finale tuttavia c'è un guizzo di vera originalità, con una sorpresa che lo spettatore per fortuna non si aspetta, ma basta questo a salvare l'intera operazione? Peccato. Ti lascia l'amaro in bocca «Una piccola impresa meridionale», soprattutto perché certi spunti coraggiosi (il problema della religiosità personale, il valore morale delle azioni, la critica a una società bloccata dentro i propri pregiudizi) ci sarebbero, ma restano purtroppo sullo sfondo, senza mai diventare sostanza vera, discorso sulla realtà e sul cinema stesso. Alla prossima, Rocco.