il film della settimana
Un giorno devi andare
La storia di Augusta, costretta a lasciare l'Italia a causa di infelici vicende familiari, e del suo avventuroso viaggio nell'immensità della natura amazzonica
Regia: Giorgio Diritti; Interpreti: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth; Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Fredo Valla; Fotografia: Roberto Cimatti; Musiche: Marco Biscarini, Daniele Furlati; Montaggio: Esmeralda Calabria; Scenografia: Jean-Louis Leblanc; Costumi: Hellen Crystine; Produzione: Arancia Film, Rai Cinema, Wild Bunch; Distribuzione: Bim. Italia, 2013, 110'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Fiorella; Livorno: Kino Dessé; Lucca: Italia; Pisa: Odeon; Pistoia: Lux; Prato: Terminale; Sesto Fiorentino: Grotta.
Per chi ancora avesse dei dubbi sulle qualità di un regista come Giorgio Diritti consigliamo la visione di «Un giorno devi andare». Molte delle riserve probabilmente cadrebbero di fronte a quello che al terzo lungometraggio possiamo già considerare come un maestro del nuovo cinema italiano, alla pari con Matteo Garrone e Paolo Sorrentino. Autore schivo e rigoroso, Diritti sta riportando il cinema nostrano a riscoprire una delle sue radici più feconde e importanti, quella rosselliniana, che sapeva unire tensione morale e magnificenza espressiva, disegno umanista e sguardo antropologico.
Lo avevamo già notato con il «caso» del suo film d'esordio, «Il vento fa il suo giro» (2005) e poi di nuovo con «L'uomo che verrà» (2009). Ora il suo percorso segna un'altra tappa di avvicinamento verso quella forma di cinema della conoscenza che ormai è rarissimo trovare nella produzione contemporanea, sia in Italia che all'estero. Nel percorso umano e spirituale della giovane Augusta (Jasmine Trinca), costretta a lasciare l'Italia a causa di infelici vicende familiari, e del suo avventuroso viaggio nell'immensità della natura amazzonica, prima tra i villaggi indios insieme a suor Franca (un'amica di sua madre Anna), e poi nelle favelas di Manaus, fino ad arrivare in un'isolata foresta in cui andrà alla ricerca di se stessa, non possiamo non vedere riattualizzata la figura archetipica di Irene, la protagonista di «Europa '51» di Rossellini, che francescanamente (un altro segno dei tempi?) si spogliava della ricchezza e delle sicurezze della vita borghese per immergersi in un mondo «altro», quello degli ultimi.
Diritti tesse così, attraverso il personaggio-guida di Augusta, la tela di un cinema che non ha timore di mostrarsi nella sua accezione metafisica, in un dialogo costante e continuo con la spiritualità del mondo, che è poi il grande mistero della realtà. Lo fa da una prospettiva totalmente umana, anzi umanista, il cui lo sguardo vaga senza meta apparente nella grandezza inafferrabile del creato (qui si sente anche l'influenza di Ermanno Olmi, di cui Diritti è stato allievo). La ragazza vive dentro e fuori di sé una sorta di missione laica, lacerata com'è dai dubbi, ma costantemente alla ricerca di una verità, a cui la cinepresa del regista bolognese dona una robusta sostanza espressiva. Basterebbe citare le sequenze in cui lo sguardo di Augusta si perde nell'oscurità della natura o la forza con cui Diritti ci fa vedere la vita delle comunità amazzoniche o dei quartieri degradati di Manaus. «Un giorno devi andare» è uno di quei rarissimi film in cui l'etica diventa estetica e viceversa. Non accadeva da tanto tempo. E questo ci fa ben sperare per il futuro.
02 aprile 2013© RIPRODUZIONE RISERVATA