lo spettacolo
Daniele e la maschera
L’attore, volto noto del grande e piccolo schermo, sarà il protagonista di «Elephant Man» di Giancarlo Marinelli, al debutto il 31 gennaio al Teatro degli Industri di Grosseto
Daniele Liotti si mette una maschera per levarsi la maschera. Un paradosso interessante, all’epoca di copertine compulsive ed epopee alla Corona. L’attore, volto noto del grande e piccolo schermo, sarà il protagonista di «Elephant Man» di Giancarlo Marinelli, al debutto il 31 gennaio al Teatro degli Industri di Grosseto (via Mazzini, 99, ore 21), adattamento del racconto di Frederick Treves, un medico vissuto realmente, che ebbe in cura Joseph Merrick, affetto dalla Sindrome di Proteo. A causa delle enormi deformità della malattia, era costretto a indossare una copertura, specie sulla testa.
«Dopo una vita di esibizioni in fiere e nei circhi, il personaggio viene finalmente accolto in un ospedale londinese, e piano piano si schiude, grazie all’assistenza e all’amore delle persone che incontra – spiega Liotti – La cosa bella è che le storie degli altri protagonisti emergono grazie a quella del ragazzo che è pieno, si scoprirà, di poesia e spirito». Una storia che svela come «tutti indossiamo delle maschere, perché tutti noi rappresentiamo atteggiamenti e ruoli. Proprio lui invece, obbligato a portarne una, è il meno mascherato di tutti».
Un personaggio difficile da interpretare, financo doloroso nella messa in scena: «Cerco di aggrapparmi alla sua sofferenza per arrivare alla mia, alle mie angosce e alla mia paura – dice l’attore – è quasi un percorso catartico, psicanalitico». E ci crede: «È qualcosa di non razionale, ma emozionale. Aprirsi al mondo e lasciare che gli altri ti guardino – come fa Joseph – non sempre ti restituisce le soluzioni pronte all’uso. Eppure, anche quando alla fine del percorso non trovi l’accoglienza altrui, rappresenta un valore di per sé essere riusciti a farlo». Liotti ha già per le mani altri progetti tra cinema e tv – qualcosa con Raiuno, probabilmente – sui quali preferisce mantenere il riserbo, ma lo step teatrale era diventata un’esigenza personale. «Sono partito da lì, nella formazione, ma ho anche abbandonato per vari motivi, offerte, tempistiche: sentivo che dovevo farlo, che un attore che si vuole considerare tale non può non saper stare sul palco. Poi, che io ci riesca o meno, è tutto da vedere!». La prova è sotto gli occhi di tutti da domani, e il gioco vale la candela: «Sono contento di esordire con un personaggio che ben riveste le paura di un attore, come quella di essere esposto al giudizio del pubblico. E a teatro, sei senza vestiti addosso. Cinema e tv possono contare sui buoni montaggi, effetti, scenografie. Sul palco sei lì davanti a tutti, e il pubblico vede tutto: quello che funziona, e quello che no».
30 gennaio 2013© RIPRODUZIONE RISERVATA