IL FILM DELLA SETTIMANA
Solo Dio perdona
Quante aspettative disattese per una pellicola derisa a Cannes, ma con uno sforzo in più nel film di Winding Refn si trovano i canoni di una tragedia classica
Regia: Nicolas Winding Refn; Interpreti: Ryan Gosling, Kristin Scott Thomas, Tom Burke; Sceneggiatura: Nicolas Winding Refn; Fotografia: Larry Smith; Musiche: Cliff Martinez; Montaggio: Matthew Newman; Scenografia: Beth Mickle; Produzione: Space Rocket Nation, Motel Movie, Bold Films; Distribuzione: 01. Danimarca/Francia, 2013.
In Toscana è in queste sale, Firenze: Fulgor, Principe, The Space, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: The Space; Massa: Splendor; Pisa: Isola Verde; Pistoia: Globo; Pontedera: Cineplex; Prato: Omnia Center.
Non è mai un bene quando certe (forse troppe) aspettative vengono disattese, soprattutto quando si è reduci da un film-cult come «Drive». E’ accaduto proprio questo al “povero” Nicholas Winding Refn, che al Festival di Cannes, dove ha presentato in concorso il suo nuovo film, «Solo Dio perdona», è stato deriso e dileggiato dalla solita criticona che troppo frettolosamente si prodiga in giudizi taglienti. Certo, questa volta la coppia Winding Refn-Ryan Gosling l’ha combinata grossa, mettendo insieme pulsioni da thriller edipico contemporaneo con suggestioni asiatiche postmoderne, ma è troppo facile bollare il tutto come “inutile manierismo”.
Siamo a Bangkok: l'americano Julian gestisce un club di Thai boxe che, in realtà, è la copertura per il traffico di droga. In passato, Julian ha commesso un omicidio ed è piuttosto rispettato nell'ambiente della criminalità locale ma, nel suo intimo profondo, si sente vuoto. Quando Billy, il fratello di Julian, uccide una ragazza di sedici anni, l'intervento di un poliziotto in pensione scatenerà una guerra per il regolamento dei conti tra la famiglia della ragazza e quella di Julian, capeggiata da sua madre, una donna spietata che vuole vendetta. Chi conosce e ama il lavoro di questo nuovo cineasta danese – il più interessante venuto fuori dopo la nidiata Dogma di metà anni Novanta – sa bene che egli ama “asciugare” completamente i meccanismi di genere per mostrare come il cinema, spogliato da certi paradigmi drammatici, possa giungere a restituirci il (non) senso ultimo dei sentimenti umani, in primis amore e vendetta. E’ proprio ciò che succede in «Solo Dio perdona», dove certe arditezze formali e taluni “eccessi di violenza”, riassumibili nel volto tumefatto di Gosling (una variante della sua comunicazione muta a livello di recitazione), non sono una concessione al gusto splatter, ma si rivelano per quello che sono, ovvero orpelli formali utili a sovraccaricare le immagini per renderle ancor più penetranti e, a loro modo, misteriose (si guardi il lavoro fatto dal direttore della fotografia Larry Smith o la selvaggia e debordante figura interpretata da una sublime Kristin Scott Thomas).
Se ci si ferma alla superficie del film, esso appare pretestuoso e pasticciato (troppa carne al fuoco...), ma se si fa uno sforzo in più, si vede come i topoi della tragedia classica, e tutto ciò che ne consegue in termini narrativi, ci vengono restituiti nella loro dimensione più temibile, quella astratta. Ma non è proprio questo che bisognerebbe aspettarsi da certo cinema, ovvero qualcosa di diverso, anche di debordante (vedi «Il grande Gatsby» di Luhrmann/Di Caprio o «La grande bellezza» di Sorrentino/Servillo), capace di generare una dialettica tra la realtà e la sua rappresentazione?