IL FILM DELLA SETTIMANA

The master

l film di Anderson si staglia all’orizzonte dei nostri tempi come un colosso oscuro e distruttivo, una pietra miliare di un cinema americano che getta uno sguardo interrogativo sui rapporti umani

IL FILM DELLA SETTIMANA

The master

l film di Anderson si staglia all’orizzonte dei nostri tempi come un colosso oscuro e distruttivo, una pietra miliare di un cinema americano che getta uno sguardo interrogativo sui rapporti umani

Regia: Paul Thomas Anderson; Interpreti: Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern; Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson; Fotografia: Mihai Malaimare Jr.; Musiche: Jenny Greenwood; Montaggio: Leslie Jones; Scenografia: Jack Fish; Costumi: Mark Bridges; Produzione: Ghoulardi Film Company, Annapurna Pictures; Distribuzione: Lucky Red. USA, 2012, 137'

In Toscana è in queste sale: Firenze: Flora, Uci; Arezzo: Eden; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Grande; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Pisa: Odeon; Pistoia: Roma; Prato: Eden, Omnia Center; Poggibonsi: Italia; Scandicci: Cabiria; Sesto Fiorentino: Grotta.

Gli amanti del cinema di Paul Thomas Anderson (siamo tra questi) probabilmente metteranno insieme «The Master» al precedente «Il petroliere», a formare un dittico sulla Storia americana che sfugge alle grande narrazioni, per ricomporsi, in mille rivoli, attraverso gli sguardi e i corpi di uomini che quella storia l’hanno attraversata, anche fatta, senza però aver ottenuto nessun ruolo da eroi. Non si tratta certo di «osers» (come nella tradizione della New Hollywood anni ‘60-‘70) e nemmeno di quelle «minoranze» (etniche, sessuali, politiche, ecc.) tanto care al cinema liberal degli studios di oggi (vedi Sundance e dintorni), ma di personaggi la cui formazione morale (che va da una cieca volontà di dominio a un’estrema disponibilità alla sottomissione) influiscono in maniera devastante non solo sulle azioni dei singoli, ma su quelli di intere comunità.

E’ proprio quello che racconta «The Master», ambientato nell’America degli anni Cinquanta, dove un carismatico intellettuale con i modi da santone, Lancaster Dodd (il «solito» Philip Seymour Hoffman), dà vita a un'organizzazione fideistica, scegliendo Freddie Quell – un giovane veterano della Seconda Guerra Mondiale, divenuto un vagabondo in cerca della propria identità, interpretato da un allucinato di classe come Joaquin Phoenix - come suo braccio destro. Mentre l'organizzazione fa proselitismo e cresce numericamente, sarà tuttavia lo stesso Freddie a metterla in discussione. E’ così che Anderson torna alle radici viscerali dell’America, dal sangue che tinge le strade del capitalismo di fine Ottocento (ne «Il petroliere») alla necessità di dare una dimensione spirituale e utopica ai propri valori condivisi in «The Master», e lo fa non rinunciando a uno stile narrativo ellittico e a un impianto visivo che privilegia gli elementi fisici, carnali, diretti (il montaggio si concentra proprio sullo scambio continuo di sguardi e pensieri tra i due protagonisti), superando così uno schematismo che avrebbe potuto travolgere l’intero film. Radicale, intimo, imprevedibile e spaventoso, privo di scene madri fortemente drammatizzanti, abbagliato dalla fotografia di Mihai Malaimare jr., il film di Anderson si staglia all’orizzonte dei nostri tempi come un colosso oscuro e distruttivo, una pietra miliare di un cinema americano che – coerentemente alla sua «missione» storica - si guarda indietro per comprendere meglio il presente, percorrendo strade che non incrociano i grandi (a quello ci pensa Spielberg, vedremo tra qualche settimana il suo Lincoln), ma gettano uno sguardo interrogativo sui rapporti umani e sulle (strane) regole che ancora li dominano.

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1
Ci si poteva aspettare di più
10.01|11:57

Ho visto il film e non mi ha entusiasmato. Al di la della bravura di Phoenix, veramente rimarchevole, il film - per quanto ben costruito sul piano tecnico - mi è parso abbastanza banale e per niente "imprevedibile".

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