Come un tuono

Potrebbe non essere un film come tutti gli altri, poi tutto inizia a diventare troppo lungo, troppo prevedibile, troppo scritto

Come un tuono

Potrebbe non essere un film come tutti gli altri, poi tutto inizia a diventare troppo lungo, troppo prevedibile, troppo scritto

Regia: Dereck Cianfrance; Interpreti: Ryan Gosling, Bradley Cooper, Eva Mendes; Sceneggiatura: Ben Coccio, Darius Marder, Dereck Cianfrance; Fotografia: Sean Bobbitt; Musiche: Mike Patton; Montaggio: Jim Helton, Ron Patane; Scenografia: Inbal Weinberg; Costumi: Erin Benach; Produzione: Electric City, Verisimilitudine; Distribuzione: Lucky Red. USA, 2013, 140'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Astra 2, Fulgor, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Quattro Mori, The Space; Massa: Splendor; Montecatini: Excelsior; Montevarchi: Cine8; Pisa: Odeon; Pistoia: Lux; Pontedera: Cineplex; Prato: Omnia Center.

Era tanto tempo che non si vedeva un inizio così. Basta infatti il primo lunghissimo piano-sequenza, con la cinepresa che segue prima di fronte in casa, poi di spalle in strada, il corpo maledetto e tatuato di Ryan Gosling, per capire che «Come un tuono» potrebbe non essere un film come tutti gli altri. La bravura di Dereck Cianfrance, astro nascente di quel cinema americano che si vorrebbe indipendente (suo anche «Blue Valentine», uscito come una meteora solo a Roma e Firenze), si dispiega sin da subito. Poi tutto inizia a diventare troppo lungo, troppo prevedibile, troppo scritto. Peccato, perché l'idea di costruire il percorso parallelo di due uomini (uno stuntman che si mette a rapinare le banche e un poliziotto coraggioso e pulito che da eroe manda al fresco i suoi colleghi corrotti) alle prese con una paternità complicata e difficile da vivere fino in fondo sembrava perfetta per Cianfrance e per il tris d'attori di gran classe che si è portato dietro (oltre a Gosling, il bravo e pulito Bradley Cooper e una rabbiosa Eva Mendes).

Il regista americano è rimasto ingabbiato proprio nella scrittura e dalla necessità – inutile – di dover confezionare una storia ad incastri, che prendesse la forma di una dolente saga sull'ineluttabilità e sulle trappole del destino. E così, invece di fare un solo film, ne ha voluti realizzare ben tre. Così lo spettatore fa davvero fatica a seguire la vicenda fino alla fine. Certo, «Come un tuono», soprattutto grazie a un uso intensivo ed emozionale della musica, ad alcuni movimenti di macchina spiazzanti e a molte visioni in soggettiva, ha dei momenti davvero buoni, in cui la tensione è portata al massimo con pochissimi elementi, ma è il mix forzato tra toni cupi da vecchio noir e momenti di lirismo tipici del melodramma a non convincere più di tanto. La patina di sporcizia e di sangue che avrebbe potuto plasmare il film resta alla fine “solo” il prodotto di un meccanismo drammatico ben oliato (e nel finale anche moraleggiante) e non di una vera, dolorosa immersione nel caos incontrollato dell'America. O del mondo.

(modifica il 06 aprile 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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