il film della settimana
Spring Breakers
Le tre protagoniste «non possono essere così» e invece «sono così»: il turbamento che lentamente ci assale è tale da essere insopportabile
Regia: Harmony Korine; Interpreti: James Franco, Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Ashley Benson, Rachel Korine; Sceneggiatura: Harmony Korine; Fotografia: Benoît Debie; Musiche: Cliff Martinez; Montaggio: Douglas Crise; Scenografia: Elliott Hostetter; Costumi: Heidi Bivens; Produzione: Muse Production; Distribuzione: Bim. USA, 2012, 92'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Marconi, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Empoli: Excelsior; Livorno: The Space; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Pisa: Odeon; Poggibonsi: Italia; Pontedera: Cineplex; Prato: Omnia Center; Santa Croce sull'Arno: Lami; Viareggio: Odeon.
All'ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove era stato selezionato in Concorso, il nuovo film di Harmony Korine, «Spring Breakers» aveva fatto discutere e aveva diviso tantissimo il pubblico e i critici, come si confà a prodotti del genere (del resto i furboni dei festival li scelgono apposta): prendere o lasciare, capolavoro o spazzatura, cinema da osannare come nuovo o da dimenticare come muffa scadente. A costo di sembrare un po' snob, proviamo a tirarci fuori dal giochino e a sgomberare il campo dai malintesi. La storia delle quattro (ma diventeranno ben presto tre) ragazzine fuori di testa che trasformano il loro «spring break» (il rito della vacanza primaverile dei liceali americani, che si fiondano sulle spiagge della California o della Florida per divertirsi e dare sfogo a tutta la loro voglia di trasgressione) in una straordinaria avventura fatta di sesso, droga e violenza, assumendo i connotati di un gruppo di gangster (con tanto di bikini, passamontagna rosa e kalashnikov), è un percorso di formazione alla rovescia, un labirintico passaggio alla maturità dove gli adulti non ci sono.
Il film è quindi il racconto funerario e doloroso su chi sono i nuovi «mostri» dell'America d'inizio millennio e spiega molto meglio di tanti altri titoli quanto paurosa possa essere la consapevolezza della fine del sogno americano. I corpi di quattro starlette dell'universo Disney sono trasformate in automi da guerra, al cui cospetto la figura infernale rappresentata da un mostruoso James Franco impallidisce, perché i vecchi cattivi di fronte a quelli nuovi nulla possono in termini di ferocia e cinismo. Ecco perché «Spring Breakers» fa dell'esibizione del paradosso il suo tratto poetico e stilistico più forte: iperrealista, coloratissimo, pop e citazionista fino all'infinito, costruito visivamente e musicalmente come se fosse un lungo videoclip che gira a vuoto e si autodistrugge (come nell'uso del primo piano), il film ci restituisce, nella sua astrattezza, non un consolatorio e divertente distacco, ma il lato oscuro e terribile di un vuoto. Proprio perché le tre protagoniste «non possono essere così» e invece «sono così» il turbamento che lentamente ci assale è tale da essere insopportabile. E a questo punto o scatta il riso o scatta l'angoscia. Nel nostro caso vale la seconda scelta, se non altro perché il film stesso, non prendendosi per nulla sul serio, dimostra quanto anche nell'artificiosità di un linguaggio così spudoratamente esibito, il cinema sappia trovare, a volte, strade impensabili.
08 marzo 2013 (modifica il 11 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA