DOMENICA ALLA SALA VANNI
L'ultima faccia di Roberto
Angelini presenta a Firenze il suo «Phineas Cage», l'ennesimo cambiamento di rotta dell'artista romano. «Ora rappresento la mia musica anche fisicamente»
Un altro pezzo di scuola romana questo weekend a Firenze. Mentre al Nof Gallery si esibiscono i Muro del Canto domani (10 marzo), alla Sala Vanni di piazza del Carmine va in scena Roberto Angelini. Arriva in solo, in questo caso, per presentare al pubblico toscano l’ultimo album «Phineas Cage», uscito lo scorso autunno per Fiori Rari, la sua etichetta. Più che eclettico, aggettivo trito e ritrito nel mondo degli spettacoli, Angelini si può definire un artista in eterno movimento. Attualmente è in giro con il suo tour, quello di Niccolò Fabi («Ecco»), quello per «Discoverland», grandissimo lavoro realizzato con Pier Cortese, ed è ogni domenica in seconda serata su Rai3 con «Gazebo» di Diego Bianchi, senza contare le tappe con i Trinità (sempre con «Zoro» e Giovanni di Cosimo alla tromba), e le collaborazioni varie nella Capitale.
Ma il movimento, più che fisico, è artistico. Ha cambiato pelle più volte negli anni, e continua a farlo senza troppe remore. E se a qualcuno venisse in mente di definirlo contraddittorio, lui risponde: «Mi piace esserlo. Fin dal 2000 mi hanno consigliato di rimanere sulla stessa strada, ma a farci caso, io non ho mai seguito una strada sola». Un cambiamento, un’evoluzione la sua che – piaccia o meno - segue anche la crescita natura della persona. Persino a livello di immagine: «Anche fisicamente, ora, rappresento la mia musica». E non che questo costi poco, quando il pubblico, il proprio pubblico, è abituato a considerarti e vederti nella stessa maniera. Non è certo il primo, e non sarà l’ultimo, della lunga serie di musicisti che hanno fatto i conti con il loro viaggio perpetuo nella creatività. «Mi sono fatto delle domande, certo, su cosa si aspettassero da me le persone. Magari volevano un altro “Signor domani”, ma io sarei stato in grado?». E no, si è risposto, perché le canzoni sono figlie di un tempo, sono «foto» che scatti, e per premere bene e mettere a fuoco l’immagine, serve che ci sia la luce giusta. E la luce è di quel momento lì, mica di un altro. «I gruppi che mi piacciono cambiamo spesso, e sono anche i più rispettabili». E così è se vi pare, e chi si aspetta, a tre anni da «La vista concessa», di ritrovare «Fino a qui tutto bene», «Vulcano», o quel bel ritratto generazionale che è «Fiori rari», può mettersi già l’anima in pace.
«Phineas Cage» (si consiglia la lettura della storia incredibile di questo operaio americano), è un compendio di un altro periodo e di un’altra epoca. Ci sono brani più «ruffiani», come il singolo «Cenere» o «Come sei» (in duetto con la bravissima Awa Ly), e molti, molti strumentali («Falafel»vince su tutte). Lo spazio all’improvvisazione è palese («Ogni brano ha una parte “autorale” e un’altra che prende una strada diversa, tanto che il titolo dell’album doveva essere “Reprise”») e non si aspetti più nessuno di verderlo arrivare, sedersi sullo sgabello, e suonare. Va in giro con la strumentazione – slide guitar, weissenborn, e tutta un’altra serie di attrezzi che definisce i suoi «giochi», si siede sì, ma poi si alza, e costruisce un live. In eterno movimento.
Sala Vanni – piazza del Carmine, 14 – Firenze Info tel 055287347
09 marzo 2013 (modifica il 10 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA