IL FILM DELLA SETTIMANA
Il capitale umano
Virzì affonda il coltello nelle piaghe di una società in cui sono il denaro e l'arrivismo a muovere i rapporti umani
Regia: Paolo Virzì; Interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Matilde Gioli; Sceneggiatura: Francesco Bruni, Francesco Piccolo, Paolo Virzì; Fotografia: Jérôme Alméras; Musiche: Carlo Virzì; Montaggio: Cecilia Zanuso; Scenografia: Mauro Radaelli; Costumi: Bettina Pontiggia; Produzione: Indiana Production, RaiCinema; Distribuzione: 01. Italia-Francia, 2014, 109'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Adriano, Fiorella, Principe, The Space, Uci; Arezzo: Uci; Campi Bisenzio: Uci; Castiglioncello: Castiglioncello; Cecina: Tirreno; Chiusi: Clev; Lucca: Centrale; Grosseto: The Space; Livorno: Quattro Mori, The Space; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Orbetello: Supercinema; Pietrasanta: Comunale; Pisa: Isola Verde; Pistoia: Globo; Poggibonsi: Garibaldi; Pontedera: Cineplex; Prato: Eden, Omnia Center; Santa Croce sull'Arno: Lami; Scandicci: Cabiria; Sesto Fiorentino: Grotta; Siena: Nuovo Pendola; Sinalunga: Uci; Viareggio: Goldoni.
Chi avesse ancora qualche dubbio sulle capacità autoriali di Paolo Virzì probabilmente metterà da parte ogni sua residua perplessità di fronte al nuovo film del regista livornese, «Il capitale umano», libero adattamento dall'omonimo romanzo di Stephen Amidon (in Italia edito da Mondadori). Lasciatosi alle spalle il genere che l'ha reso famoso – la commedia – un Virzì ormai giunto alla piena maturità (dopo il suo film più importante, «La prima cosa bella») ha deciso di «sporcarsi le mani» con temi e atmosfere piuttosto lontane dal suo mondo poetico. Al posto della solare Livorno ora c'è una fredda e nebbiosa provincia del nord (certi «maligni» la identificano con la Brianza) dove alla vigilia delle feste di Natale, si incrociano le vicende dell'ambizioso immobiliarista Dino Ossola, di un ricchissimo e impenetrabile broker, di sua moglie, donna ricca e infelice che desidera una vita diversa, e di una ragazza che sogna un amore vero.
È grazie all'incrociarsi delle storie di questi quattro personaggi – e di altri che si muovono intorno a loro – che Virzì affonda il coltello nelle piaghe di una società canaglia, in cui sono il denaro e l'arrivismo, nonché la vanagloria, a muovere tutti i rapporti umani («Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e avete vinto», dice la moglie al marito, nel finale del film) e dove i ricchi e i potenti riescono sempre a cavarsela, mentre i poveri cristi sprofondano nel pantano. Un oscuro e tesissimo ritratto corale, che Virzì orchestra intorno a un evento delittuoso (l'omicidio di un ciclista, nella notte) posto all'inizio del film, attorno a cui muove, come delle pedine, i quattro segmenti narrativi – uno per ogni personaggio principale -, procedendo secondo i dettami di un giallo. Il bello è che in realtà i meccanismi di genere sono solo un pretesto: non è tanto lo svelamento del colpevole (che arriva, puntuale, alla fine del film) quello che sembra interessare il regista, quanto invece la volontà di gettare uno sguardo sulla realtà rappresentata, alternando continuamente i punti di vista (ottima la prova di tutti gli attori: dai più navigati Bentivoglio, Golino, Gifuni e Bruni Tedeschi alla giovane Matilde Gioli). Una scelta formale che oltre a irrobustire una certa percezione del film, lo fa scivolare molto intelligentemente verso i territori dell'imprevedibilità. Se non è essere «autore» questo...