Milano, 12 aprile 2014 - 10:38

Gran Budapest Hotel

Una summa del Wenderson-style: nostalgicamente cinefilo, figurativamente coloratissimo e ostentatamente riconducibile alle fiabe infantili

di Marco Luceri

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Con il suo ultimo film Wes Anderson ha firmato forse la sua opera-manifesto, quella che sintetizza e porta a compimento un percorso artistico profondamente personale che ha imposto questo regista snob e naïf come uno degli autori più interessanti del cinema americano contemporaneo. Questo perché «Gran Budapest Hotel» costituisce una summa del Wenderson-style: nostalgicamente cinefilo, figurativamente coloratissimo e ostentatamente riconducibile alle fiabe infantili, oscure e luminose al contempo.

Il film, ambientato negli anni Trenta e in un fantastico e decaduto paese mitteleuropeo, racconta le avventurose vicende del furto - e del successivo recupero - di un celebre dipinto rinascimentale, intorno a cui ruotano le vite di Gustave H, perfetto concierge di un lussuoso albergo, e dell'amicizia che lo lega a Zero Moustafa, il giovane fattorino che ben presto diventerà il suo protetto. L'erudito Anderson sforna così un film che fa dell'illusione di irrealtà la sua cifra poetica e stilistica più evidente. Tra humor nero e raffinatissima ironia, il film propone da una parte la sovrapposizione dei generi (la grande tradizione americana della sophisticated comedy si mescola con i toni da spy-movie), dall'altra l'uso di trucchi ed effetti (il ralenty, il mascherino ecc.), dall'altra la plasticità visiva delle inquadrature (resa da una fotografia dai colori molto saturi), per finire con un cast di all stars che recitano portando all'eccesso i propri tic e le proprie immagini divistiche (anche queste riproposte in forma cristallizzata).

Il regista americano propone così un altro dei suoi «mondi chiusi», penetrabili solo a patto di saper cedere al gioco di un cinema che reinventa forme preesistenti, non per renderle innocue, ma per cercare dal loro sapore così stucchevolmente vintage un appiglio per comprendere un presente che evidentemente appare (ad Anderson) sempre più «barbaro».

Regia: Wes Anderson; Interpreti: Ralph Fiennes, Tony Revolori, F. Murray Abraham, Mathieu Almaric, Adrien Brody, William Dafoe, Jeff Goldblum, Hervey Keitel, Jude Law, Tilda Swinton; Sceneggiatura: Wes Anderson, Hugo Guinness; Fotografia: Robert Yeoman; Musiche: Alexandre Desplat; Montaggio: Barney Pilling; Scenografia: Adam Stockhausen; Costumi: Milena Canonero; Produzione: American Empirical Pictures; Distribuzione: 20th Century Fox. Gran Bretagna - Germania, 2014, 100'.

In Toscana è in queste sale: Firenze: Fiorella, Principe, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Livorno: Gran Guardia; Massa: Splendor; Montevarchi: Cine8; Pistoia: Lux; Poggibonsi: Garibaldi; Prato: Eden, Omnia Center; Scandicci: Cabiria; Sesto Fiorentino: Grotta.

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