IL FILM DELLA SETTIMANA
American Hustle
Il nuovo film del talentuoso David O. Russell che è andato a ripescare una vecchia vicenda di corruzione e malaffare accaduta nell'America post-Watergate
Regia: David O. Russell; Interpreti: Christian Bale, Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Jeremy Renner, Amy Adams, Robert De Niro; Sceneggiatura: David O. Russell, Eric Singer; Fotografia: Linus Sandgren; Musiche: Danny Elfman; Montaggio: Jay Lash Cassidy; Scenografia: Judy Becker; Costumi: Michael Wilkinson; Produzione: Annapurna Pictures, Atlas Entertainment; Distribuzione: Eagle Pictures. USA, 2013, 135'.
In Toscana è in queste sale: Firenze: Fiorella, Odeon, Principe, Uci; Campi Bisenzio: Uci; Montevarchi: Cine8; Pistoia: Lux; Poggibonsi: Politeama.
È un film che trasuda cinema da ogni inquadratura «American Hustle», il nuovo film del talentuoso David O. Russell (già reduce dai successi di «The Fighter» e «Il lato positivo»), che è andato a ripescare una vecchia vicenda di corruzione e malaffare accaduta nell'America post-Watergate, il caso Abscom, un'inchiesta in cui l'FBI ricattò un piccolo furfante di Long Island costringendolo ad aiutarli a incastrare dei politici con l'aiuto di due finti sceicchi, impersonati da agenti del Federal Bureau, che millantavano di voler investire nei casinò di Atlantic City. Nel film siamo nel New Jersey, anni Settanta, naturalmente: il genio della truffa Irving Rosenfeld (il panciuto Christian Bale, con tanto di riporto!) e la sua altrettanto astuta partner, nonché amante, Sydney Prosser (Amy Adams finalmente nella parte di una femme fatale) sono costretti a collaborare con l'agente dell'FBI, il vanaglorioso Richie DiMaso, per risolvere un caso di corruzione. I due si troveranno così coinvolti in uno sporco giro tanto pericoloso quanto affascinante. In questa sarabanda del crimine ci vanno di mezzo mogli gelose e pasticcione (indimenticabile la prova di Jennifer Lawrence), politici che si credono invincibili (Jeremy Renner, con chioma alla Little Tony) e mafiosi dal ghigno sinistro (il cameo di Robert De Niro è da manuale), oltre a tutta una serie di personaggi che entrano ed escono dalla vicenda come schegge fuori controllo di un mondo impazzito.
David O. Russell guarda ai grandi maestri del cinema americano, ai «bravi ragazzi» di Martin Scorsese, alle truffe senza via d'uscita di David Mamet, alle commedie di gran classe di Preston Sturges, per confezionare un film tanto avvincente quanto ambiguo, che ha la sua forza – oltre a un cast in stato di grazia - in una sceneggiatura perfetta e ricca di colpi di scena, in cui ogni segmento viene continuamente rimesso in discussione e in cui ogni elemento segna sempre una falsa partenza. Ne sono vittime e carnefici proprio i personaggi, messi a nudo nei loro sentimenti più intimi, nel ritratto impietoso di un gruppo di uomini e di donne che, affetti da «patologie» estreme, lottano per sopravvivere soprattutto a loro stessi. Ne viene fuori il ritratto di un America sospesa nel limbo – ancora bruciano i fantasmi del Vietnam e del Watergate, ma ci si avvia sulla strada dorata del rampatismo anni '80 – che balla sulle hit di Donna Summer e dei Bee Gees, indossa camicie sgargianti e scollature da capogiro, ma in fondo è misera e marcia come non mai. Si salvi chi può, insomma, la verità non è quello che è, ma solo quello in cui vogliamo credere.